24.2.18

«Partito della nazione? c’era tutto in Forza Italia». Intervista a Marcello Pera, febbraio 2016 (David Allegranti)


Riprendo - a due anni di distanza - un'intervista di Pagina 99 a Marcello Pera. Mi pare tuttora utile a capire alcuni aspetti della vicenda politica italiana. (S.L.L.)

Marcello Pera sta rimettendo a posto i libri, le scatole. Finisce un trasloco. Lascia Roma e se ne torna in Toscana. Il simbolo del centrodestra oggi? «Eccomi», dice con un sorriso abbozzato, «sono io che torno con le mie carabattole a Lucca… Alla Capitale ho già dato», dice a pagina99. Filosofo, già presidente del Senato, Pera è uno dei professori che nel 1994 stavano con Silvio Berlusconi.

Senatore, perché nel centro destra non nasce qualcosa di nuovo?
Penso che la domanda sia mal posta, se riferita a Forza Italia. In quella parte del centro destra lì è già nato qualcosa: è nato Renzi. E se a Renzi riuscirà di fare un altro po’ di cammino con l’eliminazione di ciò che di comunista è rimasto nel suo partito, quel centro destra sarà tutto renziano. Per capirlo si deve guardare a Verdini.

Verdini?
Sì, se uno guarda a Verdini senza l’odore dello zolfo che gli hanno spruzzato addosso i grandi giornali, i quali, dopo Dell’Utri e Previti, hanno ancora bisogno di un demonio per palpeggiarsi l’anima bella, capisce che l’evoluzione di buona parte dell’elettorato di Forza Italia va esattamente nella sua direzione. Verdini va visto come un umore, un sentimento, e una politica. È un vero berlusconiano, uno che annusa il tartufo e lo scava in silenzio e con perizia. Non è solo furbo come lo dipingono, è intelligente come neanche sospettano.

Ma che c’entra Verdini con la rivoluzione liberale e la rivoluzione liberale con Renzi?
Parliamo ancora di Forza Italia. Che cosa voleva il grosso del suo elettorato, composto di ex–dc, ex–psi e cani sciolti, allo sbando dopo la caduta del Muro, e a piede libero dopo la mannaia di Mani Pulite? Voleva dare uno schiaffo ai sindacati. Renzi l’ha fatto. Voleva dare una strattonata ai magistrati. Renzi l’ha fatto. Voleva non farsi schiacciare dall’alta burocrazia dello Stato, corrotta assai più dei politici e dell’italiano medio. Renzi l’ha fatto. Voleva non pagare l’imposta sulla casa. Renzi lo fa. Naturalmente, quello stesso elettorato voleva anche le transazioni in contanti per evadere, voleva controllare la tv di Stato per garantirsi il potere, voleva le manette agli evasori a parole, voleva ridurre le tasse a chiacchiere. Bene, tutto questo lo vuole anche Renzi. E si può scendere nei particolari. Berlusconi prometteva le dentiere gratis, Renzi promette ai giovani un sussidio annuo per le discoteche gratis. Berlusconi doveva difendere la sua famiglia. Renzi, oltre alla sua, deve difendere anche la famiglia Boschi. Il club Mediaset prima, il circolo catto–demo–massonico adesso. Non è continuità col centro destra questa? Vogliamo poi parlare dei cosiddetti diritti civili di donne e omosessuali? Forse che Mara la pensava diversamente da Maria Elena? Forse il centro destra non aveva i suoi bravi cattolici? C’era già tutto in Forza Italia, comprese le Cirinnà.

Dimentica l’Europa e il populismo. Lì c’è rottura.
Non lo dimentico. Vi risulta che in Forza Italia siamo mai stati europeisti alla Ciampi, alla Prodi, alla Monti, alla Letta? Ci chiamavano euroscettici perché non ci piaceva il Reich, esattamente come Renzi adesso. E avevamo ragione. L’Europa non sta più ritta neppure sugli stecchi. Quanto al populismo è vero, c’è rottura. Ma neppure adesso quelli di Forza Italia sono populisti. Semplicemente, è accaduto che, entrata in crisi la leadership di Berlusconi, i leghisti hanno fatto di rimbalzo un passo indietro, verso i ruggiti delle origini, e lo stesso hanno fatto i missini, verso il nazionalismo, pensando entrambi non a governare ma a raccogliere voti. Sfortuna vuole che Salvini non sia politicamente dotato come Bossi, e la Meloni non così astuta nella gestione del potere di rendita come Fini”.

Tutto questo suona paradossale. È come se lei dicesse che il centro destra è vivo e vegeto!
Tanto vegeto non mi pare, perché Renzi non ha ancora portato a termine il suo disegno, che è il partito della nazione, e rischia di saltare prima. Per mano della magistratura o mano europea, con un golpe tipo Napolitano–Monti. E non mi pare neanche tanto vivo, perché la classe politica di Renzi non ha ancora espresso un partito suo proprio e non è sicuro che ce la faccia. A Renzi potrebbe accadere da un momento all’altro quello che è successo a Berlusconi: di soccombere prima di aver costruito un’egemonia politica e culturale stabile. E forse si è già pentito di non essere andato al voto subito dopo le elezioni europee, per chiedere quello che ha sempre chiesto Berlusconi: di dargli il 51% per completare l’opera.

Mi sembra un altro paradosso. A sentir lei, sembra che Renzi continui la rivoluzione liberale.
Qui bisogna essere onesti. La rivoluzione liberale è stato uno slogan felice, che coglieva un’esigenza. Berlusconi e Renzi hanno tentato di tradurlo in pratica per quel tanto che è possibile in un paese che non è liberale e di autenticamente liberale vuole ben poco, salvo la libertà di fare i cavoli propri, il che però non è liberale. Ha notato che liberale è una pacca sulle spalle che si danno alcuni bravi commentatori e intellettuali per dirsi l’un l’altro che loro sono i più intelligenti di tutti? Che non hanno colpe? Che lo sapevano e l’avevano detto prima? Solo che, prima, erano muti o stavano sempre da un’altra parte, quella di sinistra, che fa così tanto chic. Oltre che onesti, bisognerebbe anche essere modesti: ciò che si può fare di liberale in un paese storicamente anomalo come il nostro è ammodernarlo alla meglio, come si può e si riesce, un pezzettino per volta. [...]

Pagina 99, 27 febbraio 2016

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