20.10.13

L'energia vitale di Elsa Morante (Giulio Ferroni)

Tra gli articoli comparsi nel decennale della morte di Elsa Morante spicca quello per "l'Unità" di Giulio Ferroni, autore tra l'altro di una eccellente storia della letteratura italiana. Ne riprendo ampi stralci. (S.L.L.)

L'opera di Elsa Morante acquista con il passare del tempo un rilievo sempre più netto ed essenziale nel quadro della letteratura italiana di questo secolo: e tutto ciò non perché vengano a scoprirsi in essa problematiche che possono sembrare “attuali”, temi o motivi più direttamente legati all'urgenza immediata del nostri giorni, ma proprio per la prorompente forza con cui questa scrittrice si è affidata alla letteratura, giocandovi una scommessa totale, radicale, davvero “eccessiva”. Ci accorgiamo sempre più che la Morante “conta” per davvero nella letteratura del Novecento non per qualche facile etichetta in cui sia possibile riassumere il senso della sua narrativa, ma per il mondo colorato, sontuoso, ridondante con cui essa viene incontro al lettore, per l'affollarsi dei suoi personaggi che irrompono da un mondo altro con una fascinazione ambigua e stregata e continuano ostinatamente a cercare felicità e bellezza. Personaggi, figure e fantasmi, paesaggi e colori, luci abbaglianti e tenebre insidiose: l'invenzione e la fantasia di Elsa Morante ha mirato in ogni momento a mettere in gioco tutta la vita, a catturarne le forme a salvarne quasi la consistenza corporea, ad abbracciarla in un assoluto desiderio di amare, di prendere e offrire gioia.
In una letteratura come quella del Novecento segnata dalla negazione, dal rifiuto, dalla sospensione del reale, dall’aridità, Elsa Morante ha cercato prima di tutto l'affermazione, la partecipazione più abbandonata, l'espansione di una energia adolescenziale. E tutto ciò senza quelle cautele e prudenze, quelle esitazioni che gravano pesantemente su tanta letteratura a noi prossima(…).
La Morante e sempre sfuggita a quel commercio con il piccolo cabotaggio letterario che tocca anche le pagine di autori di primo piano e che non manca nemmeno, per parlare di autori a lei vicini nella vita e nella letteratura. In Moravia e in Pasolini.
A proposito di Moravia e Pasolini, è d'altra parte interessante rimarcare quanto diversi siano stati i loro modi di scrittura rispetto a quello della Morante: mentre Elsa ha concentrato, il proprio lavoro su alcuni intensissimi momenti creativi, mettendovi in gioco tutta se stessa (e lasciando ampi spazi vuoti al di fuori di quei momenti), Moravia e Pasolini hanno lasciato crescere intorno a sé la scrittura in modo continuo, insistentemente ossessivo, con metodicità e ripetitività quotidiana (…).
Morante ha affidato in mono prmario e assoluto la propria esperienza ai quattro grandi romanzi. In ciascuno dei quali si concentra una scelta diversa, una particolarissima scommessa con la letteratura: Moravia ha invece accumulate una serie indefinita di opere narrative (..) che forse non fa altro che variamente ricombinare un originario nucleo narrativo ed esistenziale; Pasolini ha bruciato la propria vitalità (…) in una inesauribile disponibilità a provare e riprovare le forme, i generi, le tecniche più diverse, talvolta anche al prezzo di una scarsa concentrazione stilistica. Tra loro tre, la Morante è stata certo quella che più ha saputo fissarsi nei singoli libri essenziali, nel risultato da ciascuno raggiunto. (…)
Della Morante si ricorderanno sempre i quattro grandi romanzi, presi uno per uno: Menzogna e sortilegio, stregata epopea di un mondo piccolo borghese animato da distorti desideri, da incongrue magie, da passioni strozzate; L’isola di Aruro, sogno di adolescenza solare e di una paternità ambigua e sfuggente, di una maternità ingenua e divina; La storia, lungo dramma della sofferenza collettiva, della violenza della storia sulle vite povere; ed infine Aracoeli, allucinata scoperta del disgregarsi del mondo e del corpo.
Per quegli scrittori, come Elsa Morante, che veramente contano, il critico dovrebbe esimersi dal suggerire formule e definizioni: le ragioni della loro forza non stanno in qualche segno che permetta di riconoscerli facilmenle, ma nella ricchezza della loro esperienza, nei sottili percorsi che essi offrono al lettore. Davanti alle opere di questi scrittori, ci si accorge subito che ogni rassicurante identificazione critica è parziale ed ingannevole. (…)
Quell 'energia affermativa, quella ricerca di abbandono adolescenziale, di cui ho detto, costituiscono
certamente il “modo” originale della scrittrice, del suo irrompere nella letteratura del Novecento; e certo in nessun altro autore si trova quel senso colorato dell'esistenza, quella sua sensualità sontuosa, quella sua espansione verso i più vasti spazi del narrabile. (…)
Una delle tante ragioni del fascino di questa narrativa sta proprio nel fatto che i suoi superbi colori non si danno come risultato di una trionfale conquista, ma come una fragile e delicata promessa di felicità, nel fatto che quella volontà di vita si scopre insidiata da qualche cosa che la stravolge dall'interno, da un pericoloso piegarsi su di sé, dall'artificio, dall’illusione e dall'inganno, dall'ostinazione e dalla follia; in definitiva dalla malattia e dalla morte (…)
Drammaticamente contraddittoria, definitiva e perentoria, tutta l’opera della Morante sembra come volerci offrire un'ultima volta, quando ormai sembra tardi, il dono della letteratura, come in una tessitura preziosa in cui è trapunto la trama e l’ inganno del vivere, la ricerca mai appagata di amore e di felicità.


L’Unità 26 novembre 1995

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