26.10.13

Agenti della GIA. Spie bambine negli Usa (Alessandro Del Fanti)

Da un “alias” di due anni fa un articolo “americano” di Alessandro Del Fanti di www.effecinque.org (che al tempo collaborava con il supplemento de “il manifesto”). Vi si apprendono molte cose. (S.L.L.)


La Girls Intelligence Agency (Gia) ha quarantamila agenti sparse per gli Stati Uniti. Sono bambine e ragazze dagli otto anni in su. Quando invitano le amiche alle loro feste, tra una bibita gassata e una manciata di patatine stanno in realtà svolgendo un incarico di spionaggio e propaganda: la Gia è un’azienda che fornisce alle sue agenti dei kit per organizzare party in cui si parli di un certo prodotto. Le agenti che vengono chiamate «influenzatrici» sono le ragazzine più in vista nel loro circolo di amiche, e ogni settimana o ogni mese mandano all’agenzia le informazioni più importanti di cui sono venute in possesso. Le aziende comprano i servizi dell'Agenzia, le cui informazioni sono molto utili per scoprire nuovi trend, per capire come le ragazzine parlano dei loro prodotti, e in base ai dati raccolti impostano le proprie campagne di marketing. Nell’era del web, le imprese hanno imparato a usare strumenti di marketing molto sofisticati, come racconta Martin Lindstrom in Brandwashed, un libro appena pubblicato negli Stati Uniti. Il titolo è un gioco di parole tra brand, marchio, e brainwashing, cioè lavaggio del cervello.
Siamo tutti brandwashed? Il sottotitolo del libro è chiarissimo: «I trucchi che le aziende usano per manipolare le nostre menti e persuaderci a comprare». Lindstrom, che è un consulente, anzi un guru del marketing, è convinto che si tratti di vera e propria manipolazione e oltre alle tecniche pubblicitarie svela anche i trucchi psicologici usati dalle imprese. Del resto lui è bene informato: è un consulente che lavora per aziende come McDonald's, Procter & Gamble, Pepsi e Microsoft.
Come sottolinea l’“Economist” nella sua recensione, Brandwashed è il vero erede di Persuasori occulti, il libro del 1959 nel quale il giornalista statunitense Vance Packard svelò i trucchi psicologici usati dagli esperti di marketing per trasformare chi guarda un film o legge un annuncio pubblicitario in consumatore. Il testo di Packard divenne famoso, non solo tra gli addetti ai lavori, per i capitoli sui messaggi pubblicitari subliminali contenuti nei film.
Il libro di Lindstrom è piuttosto paranoico e forse un po’ esagerato, come probabilmente sembrava il suo predecessore oltre cinquant'anni fa, però è vero che oggi le tecniche di marketing sono sempre più sofisticate e più efficaci nel determinare le nostre scelte d'acquisto.
Le imprese commissionano e si basano su studi psicologici e neurologici che cercano di capire come il cervello umano risponda a diversi tipi di pubblicità, il cosiddetto neuromarketing. Secondo ricerche recenti, presentate nel libro di Lindstrom, i bambini sono in grado di riconoscere un brand da quando hanno diciotto mesi. A tre anni, un bambino americano sarebbe in grado di distinguere cento marche e a dieci il numero sale fino a quattrocento. Non è strano quindi che le attenzioni delle divisioni di marketing, sostenute da investimenti cospicui, si dirigano sempre più spesso sui bambini, sono loro infatti che saranno in grado di influenzare le scelte di acquisto della famiglia e soprattutto tendenzialmente resteranno clienti affezionati di un’azienda per tutta la vita: prima vengono approcciati dalle aziende, meglio è.
Ci sono ricerche che hanno cercato di dimostrare come persino ancora prima di nascere, negli ultimi
mesi di gravidanza, si possa intervenire in modo efficace per lasciare il segno: i bambini possono ricordare musichette che hanno ascoltato mentre erano ancora nell’utero materno, e secondo ricerche effettuate sugli animali, il gusto per il cibo si forma prima della nascita, e dipende da quello
che mangia la madre.
Lindstrom ha sperimentato su se stesso il potere dei brand (mentre scriveva il libro si è sottoposto a una ferrea dieta priva di marchi: non ha acquistato prodotti di nuove marche per un anno) e ha realizzato alcune prove del nove delle teorie esposte. Ha condotto studi ed esperimenti su come le persone più in vista e importanti di una certa comunità siano i migliori soggetti da cui far partire una
campagna pubblicitaria (è il ruolo delle influenzatrici della Girls Intelligence Agency). L’esperimento più importante - non certo eseguito con metodo rigoroso dal punto di vista scientifico, ma sicuramente molto originale – è stato fatto monitorando con decine di telecamere e microfoni nascosti la famiglia Morgenson. Una tipica famiglia borghese americana che si è trasferita in un nuovo quartiere con l’intento deliberato di dare vita a un gigantesco esperimento sociale sul passaparola: capire come si possano influenzare le scelte di acquisto di vicini e amici. Infatti è più facile convincere all'acquisto le persone quando queste non sono di fronte a una pubblicità tradizionale ma credono di ascoltare le opinioni vere dei conoscenti. I Morgenson hanno organizzato nella loro nuova casa cene e feste i cui protagonisti segreti erano i brand. Gli esperti di marketing hanno così potuto osservare il momento in cui le persone scelgono una marca grazie al consiglio di amici non in una situazione controllata ma nel loro ambiente naturale, nella vita reale (il video si trova online, basta cercare Morgensons). Informazioni che vengono carpite – con tecniche di spionaggio – da comportamenti offline in modo analogo a quelle che inconsapevolmente
diamo, ad esempio, quando facciamo la spesa. Ogni volta che usiamo la carta fedeltà di un supermercato, l’azienda raccoglie informazioni che poi userà per migliorare i suoi servizi. In alcuni casi i consumatori vengono anche seguiti da telecamere dentro ai negozi, per capire come si muovono tra gli scaffali, e da microfoni che registrano quello che dicono quando sono alle casse.
Lo stesso meccanismo di passaparola occultamente sponsorizzato avviene anche in rete: le aziende – che acquistano a peso d’oro i dati che inseriamo nei nostri profili, le ricerche e i siti che navighiamo – puntano a raggiungere le persone più influenti all’interno dei social network per farle diventare persuasori. Per proporci pubblicità mirata, ma indesiderata.


alias 22 ottobre 2011

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