Come persi la guerra è il titolo di un film del 1945 noto a pochissimi: prodotto nel 1945 a Torino appena liberata, per alcuni aspetti parodia - anche nel titolo - di un film holliwoodiano dell’anno prima, Così vinsi la guerra, con Danny Kaye. Ne è protagonista Erminio Macario, per la regia di Carlo Borghesio, ed è andato, almeno una volta, in televisione (non domandatemi quale). Ho – in quella occasione - registrato nella memoria una battuta, tratta dal finale che ricordo vagamente ottimistico, un po’ come nei Tempi moderni di Chaplin, un invito a rimuovere il passato per riprendere il cammino: “Brutta malattia la nostalgia. Ho conosciuto uno, a Cuneo, che ne è morto”.
Ho pensato a tutto ciò
l’altrieri, quando, forzatamente a Palermo, ho notato,
probabilmente in vicinanza di una sede scolastica a me ignota, molte
copie di un manifesto in cui dominava il nero e nel quale non ho
riconosciuto l’immagine umana rappresentata, una specie di cappellone, non so se per difetto della vista o per ignoranza dei nuovi miti giovanili. Mi
erano però familiari le parole che annunciavano un corteo per il 4
ottobre scorso: “Ripresa solo a parole – scendiamo nelle piazze –
prendiamoci le scuole”.
A quel punto mi sono accorto una lacrima era venuta fuori dall’occhio malato. È un sintomo, ma non necessariamente un annunzio terrificante. Meglio morire di nostalgia che schiattare di rabbia o avvelenarsi di bile.
A quel punto mi sono accorto una lacrima era venuta fuori dall’occhio malato. È un sintomo, ma non necessariamente un annunzio terrificante. Meglio morire di nostalgia che schiattare di rabbia o avvelenarsi di bile.
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