Un breve testo
di Sciascia che collega all’Amleto il
quartiere di Christiania a Copenaghen, nato come una sorta di repubblica hippy. Ho provato le melanconiche impressioni del maestro di Racalmuto, forse moltiplicate dal degrado che il trascorrere del tempo induce, quando ho visitato
quello strano posto negli anni 90 del secolo scorso, in una delle visite alla
mia amata figliola, che a Copenaghen si fa e mi fa onore. (S.L.L.)
L'Amleto, in definitiva, è la tragedia di un uomo che non vuole
regnare e che si serve, per dirla approssimativamente, di una idea giuridica,
la legittimità, per disgregare, col regno, la propria destinazione a regnare. È
la tragedia di un rifiuto; che non può fermarsi al rifiuto del regno, ma deve
andare oltre, per la legittimità che nol consente: al rifiuto della vita.
Penso ancora ad Amleto mentre
vado per i vialetti di Christiania: un luogo che rappresenta altro rifiuto, e
questa volta in commedia. Christiania era un quartiere militare fatto costruire
da un re Cristiano (forse il padre di Leonora Cristina). Sgombrato dalle
truppe, è stato occupato dai capelloni: e l'amministrazione municipale non solo
non li sfratta, ma li fornisce di acqua e corrente elettrica, con scandalo e
proteste dei conservatori. Ma, nel senso della conservazione, della reazione,
hanno ragione gli amministratori progressisti che li lasciano tranquilli e li
forniscono di acqua e luce: una visita a Christiania fa venir voglia di gridare
« viva la borghesia ». E non solo per il lezzo dei cibi mal cotti, del pollame,
delle conigliere, dei vecchi legni e cartacce che bruciano, dei pagliericci che
esalano quegli odori che Concetto Marchesi sentiva (e anche noi) in certe
pagine di Petronio, ma anche per i tipi che vi si incontrano: stralunati,
maldritti, convulsi. Sono giovani, giovanissimi.
I soli di una certa vitalità in cui
ci imbattiamo sono due italiani, di Lecco, che hanno l'aria tutta italiana,
soddisfatta, di aver fregato la Danimarca e la comunità di Christiania per aver
lavorato solo tre giorni ed essere stati nutriti per due mesi; e un architetto
svedese o danese, che a Christiania vive da un pezzo e si è persino fatto uno
studio abbastanza netto, con mobili nuovi. La persona che ci accompagna, che lo
conosce bene, con scherzoso rimprovero gli dice: «Ma questo è borghese». «Oh
sì, molto borghese» ammette sorridendo l'architetto.
C'è anche un bar, a Christiania. Ne viene musica furiosa. «Questa musica li fa andare» dicono i due capelloni italiani con molto distacco e con una punta di disprezzo. E indicandoci uno che viene verso il bar, parlando da solo e dondolando la testa, dicono: «Questo qui è già andato».
C'è anche un bar, a Christiania. Ne viene musica furiosa. «Questa musica li fa andare» dicono i due capelloni italiani con molto distacco e con una punta di disprezzo. E indicandoci uno che viene verso il bar, parlando da solo e dondolando la testa, dicono: «Questo qui è già andato».
da Nero su nero, Einaudi, 1979
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