C’era una volta SuperPippo. Nel
cappello teneva nascosta un’arachide. Funzionava un’po’ come gli spinaci di
Braccio di Ferro, ovvero gli conferiva poteri straordinari. C’erano anche Snoopy,
Charlie Brown, Piperita Patty…la striscia di fumetti conosciuta con il nome di
Peanuts, cioè arachidi.
Oltreoceano, le ‘spagnolette’
hanno sempre fatto sognare. Il burro di arachidi ha accompagnato generazioni di
scolari americani. Ogni anno, ogni americano consuma in media 3,5kg di
arachidi. In
Europa solo gli inglesi si
avvicinano al traguardo, con 1,77kg per persona.
Da qualche anno, l’arachide è
diventata uno degli alimenti in grado di provocare reazioni allergiche spesso
violente. Al punto da rendere necessarie indicazioni delle presenza di noci e
arachidi nelle preparazioni alimentari. Basta sfogliare il menu di ristorante
americano o britannico per notare la dovizia con la quale ne viene segnalata la
presenza nelle pietanze.
Nei paesi anglofoni si parla di
cibi ‘nutfree’, cioè di preparazioni
senza noci o simili. Ma cosa rende noci e arachidi pericolose? L’arachide è una
pianta delle leguminose Papilionate. Contiene tre proteine (Ara h1, Ara h2, Ara
h3) che sono stabili rispetto al calore e che sono in grado di provocare una
reazione allergica sia in caso che le arachidi siano fresche o tostate. Questo
vuol dire che chi è allergico alle arachidi è altrettanto allergico ai loro
derivati, come la farina, il burro o l’olio o ad altri frutti come le noci e le
nocciole, che hanno una struttura della molecola proteica analoga.
L’allergia alle arachidi si
manifesta nei primi anni di vita e, a differenza dell’allergia al latte e alle
uova, non scompare con il tempo. La reazione allergica avviene quando l’organismo
si accorge della presenza di una proteina ‘estranea’ nelle proprie cellule. Per
difenderle l’organismo inizia a produrre speciali anticorpi. Quando gli anticorpi
raggiungono le cellule, queste rilasciano sostanze come l’istamina, che causano
prurito, nausea o difficoltà respiratorie. Le reazioni allergiche possono variare
dall’urticaria allo shock anafilattico.
Tutte le allergie si scatenano a breve
distanza di tempo da quando è avvenuto il contatto con la sostanza scatenante. Non
occorre ingerirla, basta che venga inalata o che avvenga un contatto cutaneo.
Per capire le conseguenze che questo può avere basta pensare che dal 1998
diverse compagnie aeree americane hanno cessato di offrire noccioline ai passeggeri
durante il volo. Ma non tutte le compagnie aeree reagiscono allo stesso modo.
Attualmente la Cathay Pacific riporta sul suo sito una nota in cui dichiara non
poter garantire un ambiente ‘peanut free’ per i passeggeri allergici. Si parte
dal cibo (‘non possiamo garantire l’assenza di prodotti con arachidi nelle
cucine che preparano i cibi di bordo dal momento che ingredienti a base di
arachidi, olii di arachidi e altri alimenti non specificati contenenti tracce
di arachidi sono ampiamente usati nell’area Asia Pacifico’) per arrivare alle
condizioni in cabina (‘non siamo in grado di garantire l’assenza di arachidi a
bordo dal momento che non possiamo impedire ai passeggeri di portare loro
prodotti con
arachidi ne tantomeno possiamo
impedire che non li mangino. Inoltre prodotti con arachidi possono esser
lasciati in cabina, sui sedili e nelle aree comuni da un volo precedente’). La
conclusione di Cathay Pacific è che siano i passeggeri a prendere i
provvedimenti necessari e a prepararsi alle conseguenze di un’eventuale contaminazione,
‘indossando il braccialetto indicante l’allergia, portando l’epinefrina di
pronto impiego (Epipenna) o altri anafilattici prescritti dal loro medico che
possano essere utilizzati personalmente. I compagni di viaggio, tutori o
famigliari, dovranno somministrare l’antidoto se sarà necessario. Se non sono
presenti, il passeggero dovrà essere in grado di somministrarsi da solo la
profilassi prescritta dal medico’.
In Canada alla fine di novembre,
una ragazzina allergica alle arachidi è morta dopo aver baciato il fidanzato,
che qualche ora prima aveva consumato uno snack contenente arachidi. La
percentuale di bambini americani allergici alle noccioline è raddoppiata tra il
1997 e il 2002. Alle allergie vere e proprie si aggiunge tutta una serie di
intolleranze ai cibi, che non sono mediate dalla produzione di istamina o altre
sostanze da parte dell’organismo che si sente attaccato. Una delle possibili
spiegazioni dell’intolleranza dell’organismo a certi cibi è l’assenza
dell’enzima necessario ad assorbire certe sostanze.
Quello che fino a pochi anni fa
era un problema negli Usa e in Gran Bretagna sta diventando un problema anche altrove.
Si calcola che oggi il 4% degli americani adulti e il 6% dei bambini soffrano
di allergie alimentari. Dieci anni fa, erano appena l’1%. In Gran Bretagna, una
persona su tre soffre di una o più allergie alimentari.
Le allergie sono in continuo
aumento, ma non si capisce esattamente perché. L’ipotesi più diffusa è quella
‘igienista’, che si riferisce al fatto che chi vive in condizioni di igiene
elevata, come avviene nelle società affluenti, non stimola adeguatamente il
sistema immunitario. Nel caso specifico delle arachidi, un fattore potrebbe
essere il metodo di cottura. Secondo uno studio del giugno 2001 pubblicato
dalla rivista ‘Journal of Allergy and Clinical Immunology’, la tostatura delle
arachidi ad alta temperatura provocherebbe dei cambiamenti nella loro struttura
proteica, aumentandone il fattore allergenico. Bollire o friggere le arachidi
avrebbe invece un effetto contrario, motivo per cui in paesi come la Cina, dove
le arachidi si consumano fritte o bollite, l’incidenza delle allergie non è
rilevante.
In generale, è il nostro modo di
vivere che è cambiato e l’organismo è costretto ad abituarsi. Al Dipartimento
di Immunologia della Cornell University, il prof. Rod Dieter parla di
esposizione a cibi trattati con pesticidi o sostanze chimiche di vario genere
che fanno ormai parte della prassi di chi produce generi alimentari. Rispetto a
questi nuovi veleni, l’organismo scatena le proprie difese, aumentando la gamma
di epitopi, ovvero le ‘situazioni’ rispetto alle quali deve reagire.
La situazione diventa ancora più complessa
se si prendono in considerazione gli ogm. Le proteine geneticamente modificate
vengono ormai utilizzate in una vasta gamma di prodotti alimentari. L’organismo
umano non le ha mai conosciute e potrebbe sviluppare reazioni allergiche nei
loro confronti. A quel punto, stabilire verso quale sequenza genetica è diretta
l’intolleranza, diventerebbe una missione quasi impossibile.
da scritto e mangiato, supplemento alimentazione de “il manifesto”,
novembre 2005
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