Posto, tratto da “A – Rivista
anarchica”, questo breve profilo di Jaurès nell'anno in cui in
Italia si ricorda il “maggio radioso” che segnò l'entrata
dell'Italia sabauda nella Grande Guerra. Lo integro con un
riferimento all'interpretazione socialista della Rivoluzione
francese, sviluppata nei primi quattro volumi della Histoire
socialiste de la République française 1789-1900, gli
unici da lui curati, che ebbe larga eco nella storiografia
successiva. (S.L.L.)
Da mesi in Francia,
specie negli ambienti della sinistra, è tutto un brulicare di
iniziative per ricordare quell'eccezionale pensatore, politico e
giornalista dell'emancipazione degli ultimi che fu Jean Jaurès, di
cui il 31 luglio ricorreva il centenario della morte. Riconosciuto
nel “vulcano che vomita ghiaccio” per la sua oratoria dirompente
e ammaliante, il fondatore del Partito Socialista francese e dello
storico quotidiano "l'Humanité" (oggi testata del Partito Comunista
francese) fu un inflessibile sostenitore della trasformazione della
proprietà individuale capitalista in proprietà sociale, i suoi
sagaci articoli (scrisse anche per la "Depéche de Toulouse" e "La
petite République") declinavano all'incitamento di una lotta che
portasse alle realizzazione di un progetto mutualistico e cooperativo
di umanità.
A parte alcune bieche speculazioni politiche che si sono
verificate nel recente passato – alle elezioni europee del 2010 il
partito dei Le Pen fece stampare dei manifesti con su scritto “Jaurès
avrebbe votato per il Fronte Nazionale” - ancora oggi il suo
pensiero politico e filosofico rimane tra i prediletti e i più
discussi nella sinistra francese. Jaurès partiva da una base
politica, diciamo, marxista, ma il suo umanesimo riponeva profonde
radici nel mondo classico. A lui bisogna riconoscere lo sforzo
compiuto per tracciare il percorso (non facile) che portasse
all'unificazione dei socialisti francesi e ad erigere quella
repubblica sociale in cui dovevano trovare sintonia le correnti
rivoluzionari con le componenti riformiste.
Nato nel 1859 a Castres,
nel Sud della Francia, Jaurès si laurea in filosofia e diventa
professore all'Università di Tolosa, qui si distingue per le due
doti di “inesauribile parlatore”, nel 1885 viene eletto per la
prima volta al Parlamento, sarà deputato socialista nel 1893 grazie
ai consensi dei minatori di Carmaux che trovarono in lui un referente
affidabile per le loro lotte. Perde il seggio di parlamentare nel
1898 (ma lo riconquisterà quattro anni dopo) per aver denunciato gli
intrighi di potere intorno al caso Dreyfus in cui fu acerrimo
sostenitore della tesi innocentista. Oltre a battersi per
l'affermazione di un socialismo riformista, dalle pagine
dell'"Humanitè" la sua penna diventerà il megafono per un mondo di
pace, e per tale obiettivo guarderà con interesse e costanza
all'amalgama tra spiritualismo e cristianità. Fortemente radicato
nel suo territorio d'origine, Jaurès unì all'irrefrenabile lavoro
di giornalista e politico quello di saggista: tra le sue opere vanno
ricordate Azione socialista (1899), Storia socialista (1901), Studi
socialisti (1902). Allo scoppio della prima guerra venne fuori
fortemente il Jaurès antimilitarista, tant'è che il 14 luglio del
1914 fece adottare al congresso della Sfio (Sezione francese
dell'Internazionale Operaia) un ordine del giorno per proclamare uno
sciopero dei socialisti europei contro i venti di guerra. Fu questo
l'ultimo grido di battaglia del “Jaurès umanista intransigente”,
infatti il 31 luglio 1914 venne assassinato mentre cenava con degli
amici al Cafè du Croissant di Parigi da Raoul Villain, un giovane
nazionalista sostenitore dell'entrata in guerra della Francia contro
la Germania. Una delle ultime e più belle canzoni di Jacques Brel è
dedicata proprio a Jaurès: e senza voler confezionare nessun
santino, il cantautore belga si chiede cosa hanno guadagnato gli
assassini nell'ammazzarlo? Canta Brel: “Pourquoi ont-ils tué
Jaurès?” (Perché hanno ucciso Jaurès?). E ancora: “Pourquoi
ont-ils tué Jaurès?”.
A – Rivista anarchica n.392 –
ottobre 2014
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