5.3.15

Le veline di Elio. La Resistenza nelle fabbriche milanesi (Nunzia Augeri)

Agenore Vallini detto Elio
“Conosci la carta velina?” “Veline? Sì, le conosco bene. La televisione ce le mostra ogni giorno. Ma le veline di carta non sapevo che esistessero.” Così potrebbe risponderci un nostro giovane, ormai uso a TV, computer e sms. Ma chi – come noi – ha qualche anno in più, la “carta velina” se la ricorda bene. La definizione ormai non si ritrova più neppure nei dizionari della lingua italiana, ma si trattava di un foglio sottilissimo di carta praticamente trasparente, che posto sotto la “carta carbone” – altro reperto archeologico e sconosciuto – serviva a riprodurre i testi che si scrivevano a mano o con la storica “macchina da scrivere”.
Perché ricordarla qui? Perché riteniamo che non sia sufficientemente conosciuta l’importanza che questa carta ebbe nell’antifascismo militante: la carta, ben definita dall’aggettivo “velina”, poteva essere molto facilmente accartocciata e ingerita, quando l’antifascista venisse eventualmente arrestato, evitando così che i messaggi e gli appunti della sua militanza finissero in mano ai nemici.
E così è appunto sulla carta velina che anche Elio scriveva i suoi “appunti di lavoro di un rivoluzionario”. Elio, cioè Agenore Vallini, era responsabile del lavoro di massa del PCI di Milano e perciò dirigente politico degli scioperi che si svolsero in città e in provincia fra il 1944 e il 1945.
La storia dei grandi scioperi operai e del loro impatto sulle sorti del regime fascista e della guerra è stata ben studiata e divulgata. Ma quello che esce dalle “veline” di Elio, fortunosamente ritrovate dal figlio Edio, è la storia delle lotte minute e quotidiane che non erano propriamente scioperi ma uno stillicidio continuo di azioni di opposizione, provocato dalla situazione difficilissima in cui si trovava allora ogni italiano.
L’inverno di guerra 1944-45 era stato durissimo: su una popolazione già indebolita da anni di guerra, di paure e privazioni, si era abbattuto un inverno molto rigido, con temperature che arrivavano fino a 15 gradi sotto zero. Non solo mancava combustibile per il riscaldamento, sia nelle case che per le famiglie rimaste senza tetto per i bombardamenti, ma mancava cibo sufficiente a restaurare le forze per affrontare il freddo.
Le tessere alimentari, che disciplinavano la distribuzione dei generi più indispensabili, prevedevano una dieta che non arrivava a 1000 calorie per persona adulta. Secondo una inchiesta condotta dal professor Luzzatto Fegiz dell’Università di Triste, già nel 1942 circa 10 milioni di persone soffrivano la fame nel pieno senso fisiologico della parola e altrettante avevano un vitto insufficiente (come riporta Miriam Mafai nel suo Pane nero). Nel 1945 la razione di pane è scesa a 100 grammi al giorno a persona, ma si tratta di un pane scuro, umido e pesante, dove insieme con (poca) farina, si trova di tutto, segale e ceci e perfino segatura.
Una insegnante di scuola media riferisce: “Sono sempre più frequenti i casi di ragazze che si sentono male. Io stessa mi sento molto debole e salgo al secondo piano della scuola solo quando vi è assoluta necessità. Prima lo facevo anche venti volte al giorno”. Un medico nota un grande aumento della tisi della pubertà fra le ragazze fra i tredici e i sedici anni, mentre la mortalità infantile ha un’impennata che, secondo l’anagrafe milanese, raggiunge il 20% e i piccolissimi muoiono con tragica facilità.
Nelle città semidistrutte dai bombardamenti e percorse da una popolazione macilenta, composta soprattutto di donne e minori, si scatena una nuova guerra. Non si tratta di bombe o di attentati. Sono manifestazioni di protesta disperata, lotte per ottenere la distribuzione regolare almeno delle razioni previste dalle tessere alimentari, o qualche grammo in più di burro o di pasta, o qualche chilo di legna o carbone. E sono lotte condotte soprattutto dalle donne. Nelle fabbriche, costrette a volte, per la mancanza di materie prime, a funzionare con orari ridotti, si organizzano mense interne per dare agli operai (e alle operaie) la forza minima per svolgere i loro compiti. E anche qui le manifestazioni di protesta, le fermate improvvise che non sono tecnicamente scioperi ma incidono sulla produttività aziendale, sono dettate per la maggior parte dalle rivendicazioni di razioni giuste, di un salario meno misero che permetta l’acquisto di alimenti che pure al mercato nero si trovano, ma a prezzi stellari.


Ed è qui che risultano preziose le veline di Elio: in una di queste fragili pagine sono segnate, giorno per giorno, le fermate effettuate nelle fabbriche milanesi. E’ il febbraio del 1945: di 32 manifestazioni che siamo riusciti a decifrare nella grafia minuta scritta a matita dal dirigente comunista, 13 sono esplicite rivendicazioni di miglioramenti per i viveri o la mensa, una è una richiesta di sale, le altre chiedono miglioramenti salariali; alle Manifatture di Monza si fa una fermata improvvisa per difendere gli operai destinati al trasferimento in Germania; alla Pracchi si lotta conto il licenziamento di alcuni dipendenti, alle Trafilerie per la sospensione di un operaio.
Sulla stessa velina sono segnate altre 11 manifestazioni senza indicazione di data precisa, che coinvolgono le maggiori fabbriche milanesi – Borletti, Brown Boveri, Alfa Romeo, Magneti Marelli, Innocenti, Caproni, Montecatini – mentre altre 10, riportate con abbreviazioni, risultano oggi indecifrabili.
Si raggiunge però un robusto risultato di 53 manifestazioni in un solo mese: si tratta di forme di lotta che lasciano incerte le autorità fasciste e gli occupanti tedeschi, che non riescono a decifrare fino a che punto le proteste siano spontanee oppure organizzate. Le autorità sanno bene che fra le centinaia di persone che vi partecipano c’è sicuramente qualcuno legato al movimento clandestino di resistenza. Ma come individuare gli attivisti fra una folla di gente disperata per il freddo e la fame?
Quelle manifestazioni, lanciate dai pochissimi organizzatori antifascisti, non incontravano grande difficoltà a ottenere risposta fra una popolazione già più o meno consciamente decisa a dire “basta” al regime fascista, e anche i maggiori gerarchi ne erano a conoscenza fin dagli scioperi del marzo 1943, quando Farinacci scriveva a Mussolini: “Se ti dicono che il movimento ha assunto un aspetto esclusivamente economico, ti dicono una menzogna… Dovunque, nei tram, nei caffè, nei teatri, nei cinematografi, nei rifugi, nei treni, si critica, si inveisce contro il Regime e si denigra non più questo o quel gerarca ma addirittura il Duce. E la cosa gravissima è che nessuno più insorge”.
Per il dirigente politico del PCI, quelle azioni costituivano come le note che compongono una complessa sinfonia: Elio sa bene che ogni manifestazione è un passo avanti verso l’insurrezione generale; anche le stelle – egli usava dire – sono fatte di atomi. La sua stella è la liberazione dal nazifascismo, i suoi atomi sono queste azioni quotidiane che logorano il potere degli occupanti. Si può sconfiggere una brigata partigiana, si può imprigionare, torturare e annientare un militante antifascista: ma di fronte a centinaia di donne che vogliono qualche grammo di burro, che cosa possono fare i fascisti e i nazisti? Le stragi vengono compiute nei villaggi fra le montagne, ma nelle città non si osa travolgere la popolazione civile e nelle fabbriche la manodopera è troppo preziosa. Se si tratta di scioperi dichiarati non è possibile alcun dubbio: operai e operaie vengono deportati in Germania. Ma lo stillicidio quotidiano di proteste, di fermate, di rivendicazioni corrode in maniera impercettibile ma sicura il potere nero che incombe sulla città.
Le veline di Elio, nella loro apparente fragilità, rivelano tutta la loro forza: non solo sono sopravvissute intatte per quasi settant’anni, ma ci riportano l’atmosfera quotidiana di quei giorni di ordinaria tragedia e di freddo furore. Sulla città distrutta, sulla folla disperata arriverà l’aprile, la primavera rossa di sangue e di bandiere. Con una sola speranza: che sia, questa volta e per sempre, la pace.


Dal sito “ANPI 25 Aprile Milano”, 19 giugno 2012

Nessun commento:

statistiche