Banchieri del primo Novecento |
Crack 2.0/Draghi
inonda le banche di liquidità con il “quantitative easing”,
sperando che i soldi finiscano nell’economia reale. Nel frattempo,
in Svizzera esplode il caso Hsbc e l’Italia prepara la “bad
bank”. Tutto va come sempre, aspettando che la bolla finanziaria
riesploda
Un eccesso di
regolamentazione delle banche sarebbe nocivo e potrebbe ostacolare la
crescita. Parola di Douglas Flint, a capo di quella HSBC al centro
dello scandalo SwissLeaks per avere aiutato decine di migliaia di
facoltosi clienti ad aprire conti cifrati per nascondere i propri
soldi in giro per il pianeta. La stessa ad avere ricevuto nel 2012
1,9miliardi di dollari di multa dalle autorità statunitensi per una
vicenda legata al riciclaggio dei proventi dei cartelli della droga
messicani.
L'elenco potrebbe
continuare, così come potrebbero essere molte altre le banche
chiamate in causa per scandali, truffe e crimini che vanno dalla
manipolazione dei tassi di interesse (Libor ed Euribor) a quella del
mercato delle valute o del prezzo dei metalli, a casi di evasione
fiscale, riciclaggio, corruzione e chi più ne ha più ne metta.
Alcuni casi al limite –
e spesso ben oltre il limite – della legalità, che non devono
nascondere i devastanti impatti della speculazione e delle attività
a regime di un sistema responsabile dell'esplosione della peggiore
crisi degli ultimi decenni e salvato con montagne di soldi pubblici,
secondo il noto principio di socializzare le perdite dopo avere
privatizzato i profitti. Dopo la bolla dei subprime, ogni vertice
internazionale si è chiuso con roboanti dichiarazioni sulla
necessità di chiudere una volta per tutte il casinò finanziario. In
quasi otto anni poco o nulla è stato fatto. La speculazione è
ripartita come e peggio di prima, le lobby rialzano la testa, mentre
passa l'idea che la finanza pubblica sia il problema, quella privata
la soluzione. Austerità per Stati e cittadini che hanno subito la
crisi, liquidità illimitata per chi l'ha provocata.
Se l'impegno messo
nell'imporre politiche devastanti ai governi europei fosse stato
indirizzato a regolamentare la finanza privata, probabilmente oggi la
situazione in Europa sarebbe parecchio diversa. Sappiamo cosa
andrebbe fatto e come procedere: una tassa sulle transazioni
finanziarie, limiti all'utilizzo dei derivati, un contrasto ai
paradisi fiscali e al sistema bancario ombra, dei controlli sui
movimenti di capitale e via discorrendo. Il problema non è di natura
tecnica ma nella volontà politica di procedere. Se, grazie alle
spinte delle reti della società civile, molti di questi temi sono
entrati nell'agenda europea, in troppi casi si va avanti, al meglio,
con il freno a mano tirato. Solo per citare un esempio: perché in
finanza non esiste un principio precauzionale analogo a quello che
impedisce di immettere sui mercati un prodotto finché non se ne
dimostri la non pericolosità e nocività? Non posso vendere una
lavastoviglie se rischia di allagarmi la cucina, ma posso mettere in
commercio un derivato in grado di mettere in ginocchio interi Paesi.
Non solo oggi la finanza
crea disastri ed esaspera instabilità e diseguaglianze, ma al
culmine del paradosso non fa nemmeno ciò che dovrebbe fare. Da un
lato una quantità sterminata di denaro è all'esasperata ricerca di
profitti. Dall'altro fasce sempre più ampie della popolazione sono
escluse dall'accesso al credito. Domanda e offerta di denaro non si
incontrano, nel più clamoroso fallimento di mercato dell'era
moderna.
Per questo l'introduzione
di regole e controlli è necessaria ma non sufficiente. Prima ancora,
occorre ricostruire l'immaginario della crisi che si è imposto in
questi anni e che di fatto ne ribalta cause e conseguenze. Perché la
finanza dovrebbe essere uno strumento al servizio della società, non
l'opposto; dovrebbe essere una parte della soluzione, e non come
oggi, uno se non il principale problema.
da www.sbilanciamoci.info. 6 marzo
2015
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