Quattro anni fa i
giornali diedero notizia di un fatto, accaduto in una caserma dei
carabinieri di Roma, che era eufemismo definire allarmante. Ne
scrissi tentando di comunicare l'amarezza attraverso l'ironia. Ecco
il pezzetto postato nel blog sul finire di marzo 2011.
Collaborazione tra polizie.
Il Quadraro: un esempio raro.
Il 5 marzo le cronache
davano notizia di un’indagine giudiziaria per la violenza sessuale
esercitata su una donna di Crema in stato d’arresto, una presunta
ladruncola del Nord arrestata in un supermercato. Lo stupro sarebbe
avvenuto alla Stazione dei Carabinieri del Quadraro, alla periferia
di Roma, nella notte tra il 22 e il 23 febbraio. Pare che l’abuso
sia stato commesso da uno solo, mentre gli altri guardavano e
proteggevano le operazioni. Gli indagati, tre carabinieri e un vigile
urbano, sono stati poi rinviati a giudizio, mentre il GIP ha negato
l’arresto il 21 scorso, perché non ci sarebbero più possibilità
di inquinamento delle prove. I tre carabinieri, a quanto pare, sono
stati trasferiti in un’altra città (Torino) in uffici ove non c’è
alcun contatto con il pubblico, mentre si legge che il vigile è
ancora nell’Urbe, a vigilare. Non vogliamo anticipare giudizi, ma,
se la sentenza confermasse le risultanze delle indagini, ne verrebbe
fuori un bell’esempio, peraltro assai raro, di collaborazione tra
diverse forze di polizia. (S.L.L.)
Ho cercato in rete
notizia di come sia andata a finire e ho trovato che nell'ottobre del
2012 (1 anno e mezzo dopo il fatto!) i magistrati della Procura hanno
completato l'indagine. Ecco la notizia AGI pubblicata sulla Gazzetta
del Sud online.
Violentata in caserma.
Nei guai vigile e 3 Cc
18/ 10/ 2012
Rischiano il processo
con l'accusa di violenza sessuale tre carabinieri e un vigile urbano
per lo stupro avvenuto nella notte tra il 23 e 24 febbraio dell'anno
scorso nella stazione dei carabinieri del Quadraro di Roma.
La vittima era una
romana di 33 anni costretta a trascorrere una notte in una cella
della caserma, in stato di fermo, perché sorpresa a rubare in un
supermercato. Secondo quanto accertato dal procuratore aggiunto Maria
Monteleone e dal pubblico ministero Eugenio Albamonte, che ora hanno
concluso l'inchiesta, i quattro avrebbero partecipato allo stupro con
ruoli differenti dopo aver costretto la vittima a bere alcolici.
Depositati gli atti, i
magistrati solleciteranno la richiesta di rinvio a giudizio per il
reato di violenza sessuale commessa "su persona sottoposta a
limitazione della libertà personale e con l'aggravante dell'abuso
dei poteri e doveri inerenti a una funzione pubblica e dell'uso di
sostanze alcoliche" (AGI).
La vittima dello stupro è
qui diventata “romana” (l'incertezza si deve probabilmente alla
differenza tra la città di nascita, Crema, e quella di residenza,
Roma), ma l'impressione è che “ci siamo”, che finalmente si giunge a sentenza.
Non è così. Nuove
notizie sul processo si trovano in rete solo nella primavera 2014.
Riguardano la chiamata in causa del Ministero degli Interni e della
Difesa per l'eventuale risarcimento. La si trova in un notiziario
telematico romano “RomaReport.it”.
Stupro in caserma CC,
ministeri citati per danni
1/ 4 / 2014
Sono stati citati il
ministero dell’Interno e quello della Difesa come responsabili
civili nel processo sul presunto stupro di una donna di 33 anni,
avvenuto tra il 23 e il 24 febbraio del 2011 in una caserma dei
carabinieri a Roma. La vittima, arrestata per un furto in un
supermercato del Quadraro, aveva trascorso la notte in una cella di
sicurezza. Il gup Alessandrino Tudino ha ammesso i due ministeri
dando l’ok alla istanza di parte civile per il risarcimento. Il
giudice deve pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio nei
confronti di tre carabinieri e di un vigile urbano. I quattro,
seppure con ruoli differenti, sono accusati del reato di violenza
sessuale commessa “su persona sottoposta a limitazione della
libertà personale e con l’aggravante dell’abuso dei poteri e
doveri inerenti a una funzione pubblica e dell’uso di sostanze
alcoliche”. La donna infatti secondo l’accusa fu prima costretta
a bere e poi violentata.
Quattro anni. E un
processo facile facile non è ancora arrivato al dibattimento. Poi ci
saranno altri due gradi di giudizio. La condanna o l'assoluzione
arriverebbero, l'una e l'altra, troppo tardi per avere un
significato. E può darsi che si arrivi alla prescrizione.
Un caso di
“malagiustizia”? Direi di no. Temo che sia il funzionamento
normale. Indagini che si potrebbero chiudere in tre giorni, come
questa, si chiudono dopo un anno e mezzo perché c'è l'arretrato e
bisogna rispettare l'ordine cronologico: prima di questa bisogna
condurre e chiudere altre, a volte ben più difficili, indagini. Così
per la fissazione delle udienze processuali: sento dire o leggo che,
dopo l'udienza preliminare, le parti vengono convocate dopo diversi
mesi e che lo slittamento di una udienza, per qualsiasi ragione,
inclusa l'indisponibilità giustificata di un avvocato, comporta a
sua volta rinvii di sei, otto, dieci mesi.
Qualcosa bisognerebbe
fare per interrompere questo andazzo, ma l'impressione è che la
strada scelta dal governo, la “colpevolizzazione” dei magistrati
non sia risolutiva, anche se colpe potrebbero qua e là esserci. Ci
vorrebbe un intervento sull'arretrato. Proposte non ne mancano: da
una amnistia magari limitata a una parte dei reati, ma incondizionata
(tale cioè da non creare nuovi intasamenti e contenziosi negli
uffici giudiziari), al declassamento a contravvenzioni di alcuni
reati con effetto retroattivo. Non sono un esperto, ma sono convinto
che magistrati, giuristi e avvocati possano suggerire al governo
strade utili da percorrere. L'opinione pubblica è forcaiola? Se
all'opinione pubblica si spiega che quel carico giudiziario arretrato
è una zavorra insopportabile per il servizio giustizia e crea danni
incalcolabili a tutti i cittadini, l'opinione pubblica capirà.
Occorrerà però dichiararlo con insistenza e particolare solennità
che questa amnistia è l'ultima.
Sarebbe necessaria anche
una forte semplificazione legislativa e procedurale. Sui codici
Parlamento e Governo dispongono di studi e proposte elaborate in
lavori parlamentari di precedenti legislature, da utilizzare come
base di partenza senza dover ricominciare daccapo. C'è poi da
eliminare qualche garantismo incomprensibile, di quelli che ogni
persona di buon senso trova fuori misura; bisogna garantire anche le
vittime e la certezza della pena. Ci sono investimenti da fare, sul
numero dei giudici, sul personale amministrativo, sulla
strumentazione: senza soldi non si canta né Messa né giustizia.
Sono soldi ben spesi, perché il cattivo funzionamento della
giustizia incide negativamente sull'economia ben più di una
“impossibilità di licenziare” più proclamata che reale. Sarebbe
questa della giustizia una bella sfida per veri “riformisti”, ma
nessuno si cimenterà nell'impresa.
Credo che la vicenda dello stupro in caserma debba far riflettere anche sul nostro sistema informativo. Non si può dare una notizia di questo genere, grave, senza seguirne gli sviluppi, senza “tampinare” la stessa magistratura. Gli insabbiatori mediatici, oltre tutto, hanno molte meno scuse e giustificazioni degli insabbiatori giudiziari.
Credo che la vicenda dello stupro in caserma debba far riflettere anche sul nostro sistema informativo. Non si può dare una notizia di questo genere, grave, senza seguirne gli sviluppi, senza “tampinare” la stessa magistratura. Gli insabbiatori mediatici, oltre tutto, hanno molte meno scuse e giustificazioni degli insabbiatori giudiziari.
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