Guerra di popolo,
esercito di popolo di Vo Nguyen
Giap fu pubblicato a Cuba nel 1964 con la prefazione del
“comandante”, Ernesto “Che” Guevara, che al tempo era
ministro dell'Industria nell'isola caraibica, ma stava lavorando al
libro sulla “guerra di guerriglia”, che molto si sarebbe ispirato
agli scritti e alla prassi di Giap, oltre che agli scritti e alla
prassi di Mao, Chu Teh e Lin Piao, guide militari della lunga e
vittoriosa guerra di popolo in Cina. Quando, pochissimi anni dopo, il
comandante lasciò gli incarichi (e gli agi) del governo per andare
in Bolivia a compiere quello che riteneva suo dovere rivoluzionario,
il messaggio che mandò al mondo era spedito da “un altro Vietnam”
e “Creare due, tre, molti Vietnam” era la parola d'ordine
lanciata. (S.L.L.)
È per noi un altissimo
onore premettere poche parole a questo libro basato sugli scritti del
generale Vo Nguyen Giap, attualmente vice-primo ministro, ministro
della difesa nazionale e comandante in capo dell'esercito popolare
della Repubblica Democratica del Viet Nam. Il generale Giap parla con
l'autorità che gli conferiscono la sua lunga esperienza personale e
quella del Partito nella lotta di liberazione. Quest'opera, che ha di
per sé un'attualità permanente, riveste il massimo interesse in
considerazione della tumultuosa serie di avvenimenti verificatisi in
questi ultimi tempi in quella regione dell'Asia, e delle controversie
sorte sull'adeguato ricorso alla lotta armata come mezzo per
risolvere le contraddizioni insanabili esistenti tra sfruttatori e
sfruttati in determinate situazioni storiche.
I combattimenti che
sostennero con tanto successo e per lunghissimi anni gli eserciti
eroici e l'intero popolo del Viet Nam, si ripetono ora; il Viet Nam
del Sud è sul piade di guerra; la parte del paese tornata al suo
legittimo padrone, il popolo vietnamita, è sempre più prossima alla
vittoria. Anche quando i nemici imperialisti minacciano l'invio di
migliaia di uomini, i temerari parlano dell'impiego dell'arma atomica
tattica e il generale Taylor viene nominato ambasciatore presso la
cosiddetta "Repubblica del Viet Nam del Sud," nonché,
tacitamente, comandante supremo delle forze che tenteranno di
liquidare la guerra del popolo; anche cosi nulla potrà impedire la
loro disfatta. A brevissima distanza, nel Laos, è scoppiata la
guerra civile, provocata sempre dalle manovre dei nordamericani,
sostenuti, in un modo o nell'altro, dagli alleati di sempre, mentre
il regno neutrale dì Cambogia, che fa parte, come i fratelli Laos e
Viet Nam, della cosiddetta Indocina Francese, è oggetto di
violazioni di frontiera e di attacchi permanenti, a motivo della sua
salda posizione di difesa della neutralità e del proprio diritto a
vivere da nazione sovrana.
Pcr tutti questi motivi
l'opera che presentiamo varca i limiti di un semplice episodio
storico determinato, per acquistare validità per tutta quella zona;
e, inoltre, i problemi che il libro suscita hanno un'importanza tutta
particolare per la maggior parte dei popoli dell'America Latina
sottoposti al dominio dell'imperialismo nordamericano, senza contare
l'enorme interesse che potrebbe avere la sua conoscenza per tutti i
popoli dell'Africa, che di giorno in giorno sostengono lotte sempre
più aspre, ma sempre ripetutamente vittoriose, contro colonialisti
d'ogni specie.
Il Viet Nam ha
caratteristiche tutte sue particolari; una civiltà antichissima e
una lunga tradizione di regno indipendente, con tratti distintivi
propri e con una cultura autonoma. Nella prospettiva della sua storia
millenaria, l'episodio del colonialismo francese non è che una
goccia d'acqua. Indubbiamente le sue qualità fondamentali e quelle
opposte dell'aggressore sono analoghe, in linea di massima, alle
contraddizioni insanabili che si presentano in tutto il mondo
soggetto, e analoghe sono le forme di soluzione; Cuba, senza
conoscere questi scritti, né gli altri che sono apparsi con la
narrazione delle esperienze della rivoluzione cinese, iniziò il
cammino della sua liberazione con metodi simili e con il successo che
oggi è dato a tutti di vedere.
Quest'opera, perciò,
pone questioni di interesse generale per il mondo in lotta per la
propria liberazione. .Si possono riassumere cosi: la fattibilità
della lotta armata in condizioni particolari che abbiano annullato i
metodi pacifici della lotta di liberazione; di che genere la lotta
armata debba essere in località con ampie estensioni di terreno -
favorevole alla guerra di guerriglia e con popolazione contadina
maggioritaria o comunque ingente.
Benché il libro sia
basato su una ricompilazione di vari articoli, una sua certa unità è
innegabile, mentre certe ripetizioni non fanno che apportare un
maggior vigore all'insieme.
Nel testo si tratta della
guerra di liberazione del popolo vietnamita; della definizione di
questa lotta come guerra del popolo e del suo braccio esecutivo come
esercito del popolo; dell'esposizione delle grandi esperienze del
Partito nella direzione della lotta armata e nell'organizzazione
delle forze armate rivoluzionarie. Il capitolo conclusivo tratta
dell'episodio definitivo della contesa, Dien Bien Phu, in cui le
forze di liberazione si qualificano maggiormente e passano alla
guerra di posizione, sbaragliando anche su questo terreno il nemico
imperialista.
L'opera si apre con la
narrazione di come, al termine della guerra mondiale conclusasi con
il trionfo dell'Unione Sovietica e delle potenze alleate d'Occidente,
la Francia si beffò di tutti gli accordi, creando una situazione di
tensione estrema in tutto il paese. I metodi pacifici e razionali di
risolvere le controversie dimostrarono sempre più la loro inutilità,
finché il popolo non imboccò la strada della lotta armata in cui,
date le caratteristiche del paese, il maggior ruolo toccò ai
contadini. Era infatti una guerra di caratteristiche contadine, per i
luoghi fondamentali dell'azione e per la composizione fondamentale
dell'esercito, ma era una guerra diretta dall'ideologia del
proletariato, confermando ancora una volta l'alleanza
operaia-contadina come fattore fondamentale della vittoria. Anche se
nei primi momenti, a motivo delle caratteristiche della lotta
anticolonialista e antimperialista, si trattò di una lotta di tutto
il popolo e di una gran moltitudine di persone la cui estrazione non
corrispondeva esattamente alle definizioni classiche del contadino
povero o dell'operaio, tuttavia si inseriva ottimamente nella lotta
di liberazione; un po' per volta si vennero a definire i rispettivi
campi e cominciò la lotta antifeudale, che intanto acquistava il suo
autentico carattere antimperialista, anticolonialista e antifeudale,
dando come risultato l'instaurarsi di una rivoluzione socialista.
La lotta di massa fu
utilizzata in tutto il corso della guerra dal Partito vietnamita. Fu
utilizzata, in primo luogo, perché la guerra di guerriglia non è
altro che un'espressione della lotta di massa e non la si può
pensare isolata dal suo mezzo naturale, che è il popolo; guerriglia,
in questo caso, significa l'avamposto numericamente inferiore della
gran maggioranza del popolo che non possiede armi, ma che, nella sua
avanguardia, appunto, esprime la volontà del trionfo. La lotta di
massa fu inoltre utilizzata nelle città, in ogni momento, come arma
imprescindibile per lo sviluppo della lotta; è anche importante far
notare che mai, in tutto il corso dell'azione per la liberazione del
popolo vietnamita, la lotta di massa abdicò minimamente ai suoi
diritti per accogliere determinate concessioni del regime; non
parlamentò mai su mutue concessioni, chiari la necessità di
ottenere determinate libertà e determinate garanzie senza alcuna
contropartita, evitando cosi che in molti settori la guerra si
facesse anche più crudele di quanto già non la rendessero i
colonialisti francesi. Questo significato della lotta di massa nel
suo carattere dinamico, senza compromessi, da un'importanza
fondamentale alla comprensione del problema della lotta di
liberazione nell'America Latina.
Il marxismo fu applicato
coerentemente alla situazione storica concreta del Vietnam e proprio
per questo i vietnamiti, guidati da un Partito d'avanguardia, fedele
al suo popolo e conseguente nella sua dottrina, strapparono una
vittoria tanto clamorosa contro gli imperialisti.
Le caratteristiche della
lotta, il fatto cioè di dover cedere terreno e attendere molti anni
prima di vedere il frutto della vittoria finale, con alti e bassi,
flussi e riflussi, sono quelle tipiche di una guerra prolungata. Per
tutto il tempo della lotta si può dire che il fronte si sia trovato
dov'era il nemico; a un dato momento il nemico occupava quasi tutto
il paese e il fronte era disseminato in tutti i punti dove si trovava
il nemico; in seguito si ebbe una delimitazione delle linee di
combattimento e allora si ebbe un fronte principale, ma la
retroguardia nemica costituiva costantemente un altro terreno di
battaglia per le bande in lotta, tanto che la guerra fu totale e mai
i colonialisti riuscirono a mobilitare agevolmente, su un solido
terreno-base, le proprie truppe d'aggressione contro le zone
liberate.
La parola d'ordine
"dinamismo, iniziativa, mobilità, decisione istantanea di
fronte alle situazioni nuove," è la somma sintesi della tattica
guerrigliera e in queste poche parole si esprime tutta la
difficilissima arte della guerra popolare.
In certi momenti le nuove
guerriglie, organizzatesi sotto la direzione del Partito, si
trovavano però in luoghi in cui la penetrazione francese era
fortissima e la popolazione era terrorizzata; in questi casi veniva
costantemente praticata quella che i vietnamiti chiamano "la
propaganda armata." La propaganda armata non è altro che la
presenza delle forze di liberazione in determinati luoghi allo scopo
di dimostrare il proprio potere e la propria imbattibilità, immerse
nel gran mare del popolo come il pesce nell'acqua. La propaganda
armata, perpetuandosi nella zona, catalizzava le masse con la
sua presenza e rivoluzionava immediatamente la regione, acquistando
nuovi territori da aggiungere a quelli già in mano all'esercito del
popolo. E fu cosi che proliferarono le basi e le zone guerrigliere in
tutto il territorio vietnamita; in questo caso la tattica si
riassumeva in una parola d'ordine che si può esprimere così: se il
nemico si concentra, perde terreno, se si disperde, perde forza;
nel momento in cui il nemico si concentra per attaccare di
prepotenza, bisogna contrattaccare in tutti i luoghi in cui il nemico
ha dovuto rinunciare all'impiego sparso delle proprie forze; se il
nemico si volge ad occupare determinate località a piccoli gruppi,
il contrattacco avrà luogo a seconda della correlazione in atto in
quelle località, ma ancora una volta la forza fondamentale dell'urto
nemico si troverà dispersa. Questo è uno degli insegnamenti base
che si possono ricavare dalla guerra di liberazione del popolo
vietnamita.
Durante la lotta si sono
avute tre fasi che, in genere, caratterizzano lo sviluppo della
guerra del popolo; si comincia con guerriglie di piccola entità, di
straordinaria mobilità, perfettamente diluibili nella geografia
fisica e umana della regione; col passar del tempo si producono
processi quantitativi che, a un dato momento, danno luogo al salto
qualitativo che è la guerra di movimento. A questo punto si hanno in
azione gruppi più compatti, che dominano intere zone, e, per quanto
dispongano di mezzi maggiori e di una miglior capacità di colpire il
nemico, la mobilità resta pur sempre la loro caratteristica
fondamentale. Passato un altro periodo di tempo, quando siano
maturate le condizioni opportune, si giunge alla tappa conclusiva
della lotta, cioè al momento in cui l'esercito si .consolida,
arrivando persino alla guerra di posizione, come accadde appunto a
Dien Bien Phu, puntello della dittatura coloniale.
Nel corso della contesa
che, dialetticamente, si sviluppa fino a culminare, con l'attacco a
Dien Bien Phu, nella guerra di posizione, si creano zone liberate o
semiliberate dal nemico che vengono cosi a costituire territori di
autodifesa. L'autodifesa è concepita dai vietnamiti anche in senso
attivo, come parte di un'unica lotta contro il nemico; le zone di
autodifesa si possono difendere da sole contro attacchi di portata
limitata, fornendo intanto uomini all'esercito del popolo, mantenendo
la sicurezza interna alla regione, mantenendo la produzione e
assicurando gli approvvigionamenti alla linea del fronte.
L'autodifesa non è che una minima parte di un insieme, ma con
caratteristiche speciali: non si potrà mai considerare la zona di
autodifesa come un punto a sé stante, ossia, come una regione in cui
le forze popolari tentano di difendersi dagli attacchi del nemico
mentre tutto il territorio esterno a tale zona resta calmo e
tranquillo. Se cosi accadesse, il focolaio verrebbe agevolmente
localizzato, attanagliato e soffocato, a meno che non si passi
immediatamente alla prima fase della guerra di popolo, cioè alla
lotta delle guerriglie.
Come s'è già detto,
tutto il processo della lotta vietnamita dovette basarsi soprattutto
sui contadini. In un primo momento la lotta, senza una definizione
chiara nei suoi contorni, veniva condotta esclusivamente
nell'interesse della liberazione nazionale, ma, un po' alla volta,
cominciarono a delimitarsi i vari campi, e la lotta si trasformò in
una tipica guerra contadina, mentre si fissava la riforma agraria e
si venivano approfondendo le contraddizioni e, anche, la forza
dell'esercito del popolo; si ebbe insomma la manifestazione della
lotta di classe all'interno della società in guerra. La guerra era
diretta dal Partito al fine di annullare la maggior quantità
possibile di nemici e di sfruttare al massimo le contraddizioni con
il colonialismo degli amici poco sicuri. E cosi, combinando
accortamente le contraddizioni, il Partito riusci ad approfittare di
tutte le forze espresse da questi urti, in modo da conseguire il
successo nel minor tempo possibile.
Il compagno Vo Nguyen
Giap ci parla anche dello stretto vincolo che lega il Partito
all'esercito, dicendoci come, in questa lotta, l'esercito non sia che
una parte del Partito guida della lotta. Ci parla anche dello stretto
legame esistente a sua volta tra l'esercito e il popolo; come
l'esercito e il popolo non siano che la medesima cosa, il che si
viene sempre più comprovando con la magnifica sintesi che soleva
ricordare Camilo: "l'esercito è il popolo in uniforme." Il
corpo armato, durante la lotta e dopo, ha dovuto adottare una tecnica
nuova, una tecnica che permettesse di avere la meglio sulle nuove
armi del nemico e di respingere ogni genere di offensiva.
Il soldato rivoluzionario
ha una disciplina consapevole. Durante tutto il processo, egli si
caratterizza essenzialmente per la propria autodisciplina. Intanto
nell'esercito del popolo, rispettando tutte le norme dei codici
militari, deve esserci una gran democrazia interna e una grande
uguaglianza nella ripartizione dei beni necessari agli uomini nella
lotta.
In tutte queste
trattazioni, il generale Nguyen Giap insegna ciò che noi già
abbiamo avuto modo di conoscere per nostra propria esperienza,
esperienza di cui ci si rende conto dopo qualche anno dalla conquista
della vittoria da parte delle forze popolari vietnamite, ma che
rafforza l'idea della necessità di una profonda analisi dei processi
storici del momento attuale. (Ciò deve essere fatto alla luce del
marxismo, utilizzando tutta la sua capacità creativa, per poterlo
adattare alle mutate circostanze dei vari paesi, in tutto dissimili
tra loro nell'aspetto esteriore della conformazione, ma identici
nella struttura colonizzata, nell'esistenza di un potere oppressivo
imperialista e di una classe associata all'imperialismo con
strettissimi vincoli. Dopo un'accurata analisi, il generale Giap
giunge alla seguente conclusione: "Nell'attuale congiuntura
mondiale, una nazione, anche se piccola e debole, che si levi come un
solo uomo sotto la direzione della classe operaia per lottare
risolutamente per l'indipendenza e la democrazia, è davvero in
grado, moralmente e materialmente, di sconfiggere qualsiasi
aggressore. In condizioni storiche determinate, questa lotta può
conseguire il successo attraverso una lotta armata di lunga durata —
la resistenza di lunga durata."
Queste parole
sintetizzano le caratteristiche generali che deve assumere la guerra
di liberazione nei territori soggetti.
Crediamo che la miglior
dichiarazione per concludere questa prefazione sia la medesima che
usano gli editori di questo libro e che noi accettiamo in pieno:
"Tutti i nostri amici, come noi ancora soggetti alle mire e alle
minacce dell'imperialismo, possono trarre da Guerra del popolo
esercito del popolo, ciò che ne traiamo noi: nuove ragioni per
credere e per sperare."
Comandante Ernesto
"Che" Guevara
L'Avana, 1964
In Vo Nguyen Giap, Guerra di popolo esercito di popolo, Feltrinelli, 1968
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