12.11.15

I Greci in Sicilia (Franco La Cecla)

Quello che segue è il secondo capitolo di un libro speciale, Andare per la Sicilia dei Greci (Il Mulino, 2015), di Franco La Cecla. 
Il volume è inserito nella collana Ritrovare l'Italia, che nelle intenzioni degli editori dovrebbe comprendere guide molto particolari, veri e propri itinerari d'autore tra storia e cultura, utili per una conoscenza non meramente turistica e consumistica del nostro paese. L'autore, siciliano per nascita, è antropologo dai molti interessi e ha insegnato nelle università di Berkeley, Bologna e Parigi. 
Il libro non è una nuova, magari originale, illustrazione di siti e monumenti, ma il tentativo di ricavare dalle tracce lasciate dai Greci in Sicilia, più numerose di quanto non si pensi e sovente ignote agli stessi siciliani, un'idea del rapporto tra civiltà e paesaggio. È, secondo me, un libro importante, che si può usare come guida o leggere come un racconto, ma che in ogni caso produce emozioni e propone domande sull'ieri, sull'oggi e sul domani. (S.L.L.)
Chi erano i Greci che arrivarono qui e perché vennero in Sicilia, cosa facevano, cosa volevano, come vivevano e pensavano?
Sappiamo che i Greci avevano già avuto contatti con la Sicilia in epoche remote. Se Omero fa approdare Ulisse in Sicilia e gli fa accecare Polifemo è perché non solo l’VIII secolo a.C., il tempo di Omero, ma anche il tempo di Creta e della cultura minoica aveva con l’isola scambi e amplissimi contatti. Quando i Greci di Atene e di Sparta diventano una «potenza» marittima ed economica la civiltà cretese è già scomparsa. Nell'VIII e VII secolo la forma di vita tipica dei Greci è già delineata: una costellazione di città, di polis alleate ma spesso in litigio e guerra tra di loro che utilizza il mare come primo mezzo di comunicazione e si espande a oriente, in Asia Minore, e a occidente, verso l’Italia e la Spagna. I Greci vengono «decisamente» a stabilirsi in Sicilia tra VIII e VII setolo a.C. Fondano delle colonie, ma la differenza tra il loro progetto in Sicilia e altrove è grande. La Sicilia per i Greci è una terra molto meno aspra e molto più fertile della Grecia. Qui è possibile mettere a frutto il «modo di vivere» greco appieno e applicarlo a una scala maggiore.
Chi sono i Greci? Sono degli agricoltori, dei possidenti di terre che costruiscono città. Il loro essere agiati farmers consente loro di essere liberi per esercitarsi nell’unica vera attività che considerano degna di un uomo, l’essere cittadini militanti di una polis, fare della partecipazione alla vita politica della propria città la loro principale occupazione. Hanno un’idea ben chiara delle attività umane degne di nota, coltivare - anzi far coltivare da schiavi - la terra, fare la guerra per difendere la propria polis o per allargarne l’influenza, e partecipare direttamente alla vita civica e politica. Se si spostano in Sicilia è per fondare città indipendenti che abbiano un ricco circondario agricolo. Cosa sono le polis? Sono dei «dispositivi» che consentono di far vivere insieme con un progetto politico comune migliaia di persone, di cittadini - in Sicilia si va da colonie che alla fondazione contano 10-15.000 persone a città che a volte si ingrandiranno fino a centinaia di migliaia (come accadrà ad Agrigento/Akragas, Selinunte e Siracusa). La campagna anche qui serve a rendere possibile la vita nella polis. Questa è «fondata» e disegnata da esperti appositi che si chiamano «ecisti» ed è da subito pensata come una città completa: con una piazza difesa da un portico ombreggiato (stoà), un’agorà dove gran parte dei cittadini possono riunirsi a discutere le questioni riguardanti la vita della città, un teatro dove mettere in scena tragedie e commedie che hanno a che fare con la grande tradizione greca declinate direttamente con il presente che si sta vivendo. La quarta istituzione della polis è il simposio, la forma sociale che serve a creare coesione tra i cittadini attraverso un convivio sostenuto dal consumare vino che ha spesso carattere erotico e che è anche il luogo dove si canta e si improvvisa la poesia.
Queste quattro istituzioni le troverete in ogni polis che visiterete in Sicilia. La loro caratteristica sta nell’imporsi al preesistente, le popolazioni locali come i Siculi, i Sicani, gli Elimi, gli Etruschi che saranno spesso integrate e «conquistate» dalla maniera greca di vivere. Nelle polis vivono i cittadini, ma anche i meteci (gli stranieri) e gli schiavi con cui i Greci intrattengono un rapporto complesso. Questi vengono incaricati del lavoro che i cittadini non ritengono nobile, che sia l’artigianato o il commercio. A volte gli schiavi diventano ricchi e si affrancano. Ma il loro primo pensiero è comprarsi la terra e le armi che li fanno diventare automaticamente cittadini. La guerra è l’attività a cui tutti i cittadini sono chiamati. Un training specifico e particolari istituzioni come l’efebia e il ginnasio formano le menti e i corpi dei giovani all’essere cittadini modello e guerrieri. Essi crescono formati da uomini adulti che ne diventano amanti e precettori. Lo spirito di agonismo pervade però tutte le attività. Per i coloni siciliani riuscire significa poter partecipare e vincere alle attività agonistiche panelleniche (che si svolgono in madrepatria, i giochi istmici, olimpici, pitici e nemei), corse di quadrighe, atletica ma anche competizioni poetiche, di canto e tragedie e commedie. Sono questi agoni insieme all’esercizio della guerra a dare gloria a chi vi si impegna.
Per capire quanto la Sicilia entri in un progetto di diffusione di una ben precisa maniera di vivere vi basterà andare in giro per i siti greci rimasti e notare quanto diversi essi risultino ancora oggi da ciò che vi è intorno. I Greci hanno un grande progetto di «civilizzazione» del mondo e lo portano avanti anche quando, sconfitti, vedranno la loro potenza affievolirsi e sparire nelle mani di Alessandro Magno o dei Romani. La Sicilia è il luogo per eccellenza di questo esperimento che dura più di undici secoli. E un esperimento «culturale» più che imperiale.

I Greci vogliono diffondere la propria maniera di vivere come la «migliore» e sono convinti che non ci sia bisogno di essere Greci per assumerla come propria. Sarà il primo popolo nella storia con una visione universalistica, con l’idea di una missione civilizzatrice. Hanno una grande narrazione dietro le spalle, l'Iliade e l’Odissea di Omero, e avendo da poco scoperto la scrittura è attraverso le forme di essa, lirica, epica, teatro, filosofia, storia, geografia, matematica, che diffonderanno il proprio progetto universale. Per questo girare per Greci in Sicilia non è un semplice turismo archeologico, ma è il ritorno a un’origine del pensiero umano e dell’attitudine umana a concepirsi come qualcosa di unico e allo stesso tempo di comune a tutti i viventi. Non solo sono i primi ad avere questa intuizione e questa ambizione, ma nella storia che seguirà resteranno un raro caso. Essi stanno alla nostra origine di europei come nessun’altra cultura che ci ha formato. La loro «laicità», il loro spirito argomentativo che lascia al dubbio e all’interrogativo sempre spazio, la loro voglia di verità (aletheia, una parola che viene dall’idea di guardare con chiarezza) è quanto per secoli siamo andati cercando. La loro idea di democrazia che è pagata a duro prezzo dai Greci stessi ma riconquistata spesso ai tiranni che vogliono sostituirsi a essa è quella che continua a interrogarci sulle forme del nostro vivere insieme. Infine il loro senso del paesaggio, del costruire città, del rapportarsi al mare e al cielo è quanto vivrete direttamente voi andando in giro con questo libro per la Sicilia.

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