Fu l'Estadio National di
Santiago, un luogo deputato al gioco, la prigione a cielo aperto per
migliaia di cileni all'indomani del golpe di Pinochet in Cile,
avvenuto nel settembre del 1973. Quarant'anni fa, i generali guidati
da Pinochet rovesciarono il governo popolare di Salvador Allende, e
subito dopo aver sparato contro la Moneda, il palazzo presidenziale
dove si era asserragliato Allende, procedettero agli arresti di massa
di migliaia di antifascisti. Molti di quei prigionieri politici
furono smistati nelle settimane successive per essere torturati,
violentati e ammazzati. Per loro fu usato il termine desaparesidos,
termine che a noi divenne tristemente noto anche per le vittime di un
altro golpe fascista, quello effettuato dai generali argentini
guidati da Jorge Videla il 24 marzo del 1976.
Al golpe di Pinochet è
legato un evento sportivo internazionale, la finale di Coppa Davis,
giocata proprio all'Estadio National che si svolse tre anni dopo
quell'11 settembre, dal 17 al 19 dicembre del 1976, e che vide
protagonista l'Italia sportiva antifascista. Nel 1976 il tennista
Adriano Panatta visse il suo anno d'oro, prima di disputare quella
finale a Santiago del Cile, aveva vinto il Roland Garros e gli
Internazionali d'Italia, due appuntamenti agonistici di grande
rilievo. Alla fine di agosto di quell'anno, a Santiago si doveva
disputare la semifinale di Coppa Davis tra l'Urss e il Cile, ma i
dirigenti sovietici rifiutarono di inviare i loro giocatori di tennis
nella capitale cilena, additando con quel gesto al mondo intero la
violenza sanguinaria della dittatura di Pinochet. Il Cile conquistò
di diritto l'accesso alla finale, mentre l'Italia dovette vedersela
con l'Australia, e solo dopo una difficile partita tra Panatta e
Newcombe, gli azzurri conquistarono l'accesso alla finale.
In Italia tra settembre e
dicembre del 1976 si mobilitarono numerosi organismi sportivi di
base, che esercitarono pressioni molto forti sui partiti della
sinistra e sul Coni, perché i tennisti della squadra azzurra,
Panatta, Barazzuti, Zugarelli e Bertolucci non partecipassero alla
finale di Coppa Davis, che si sarebbe dovuta svolgere a Santiago
sotto gli occhi di Pinochet, il quale colse l'occasione per dire a
più riprese che in Cile era stato ristabilito l'ordine e che la
gente era felice. In Italia fu costituito il Comitato per il
boicottaggio di Italia-Cile, a capo del quale fu nominato lo
scrittore sardo Ignazio Delogu profondo conoscitore dell'America
Latina. Al Comitato aderirono le forze democratiche, i sindacati, le
associazioni sportive, tutti gli enti di promozione sportiva, ad
eccezione del movimento Fiamma che faceva riferimento ai fascisti del
Msi di Almirante. Si sviluppò nel nostro Paese un movimento che
denunciò a più riprese l'uso strumentale che si faceva dello sport
e della sua neutralità, in nome della quale prima la Federazione
tennis italiana e poi quella internazionale si espressero per
sostenere la tesi che lo sport non c'entra con la politica e, dunque,
gli azzurri dovevano partecipare alla finale di Coppa Davis.
La gran parte dei
quotidiani italiani dal “Giorno” a “Repubblica” fino alla
“Stampa” e in parte anche la “Gazzetta dello Sport” e
“Tuttosport”, si schierarono a favore del boicottaggio. Un ruolo
importante lo ebbe “il manifesto” che scrisse una lettera alla
federazione della stampa per invitare le redazioni a non inviare
giornalisti in Cile, invito che con certa sorpresa la federstampa
fece proprio e girò a tutte le testate. Contro il governo monocolore
di Andreotti, sostenuto dal Pci con l'appoggio esterno, che nicchiava
e i vertici dello sport italiano che sostenevano la partecipazione
dell'Italia alla finale di Santiago, i sostenitori del comitato di
boicottaggio Italia-Cile, guidati dal deputato di Democrazia
Proletaria Eliseo Milani, occuparono la Federazione italiana tennis,
e il secondo giorno di occupazione furono ricevuti da Giulio Onesti
presidente del Coni, il quale disse agli occupanti che la sua
posizione personale era che si giocasse in campo neutro, un parere
che scatenò l'ira di Pinochet. Quella di Onesti fu una mossa per
allentare l'assedio, in realtà Coni, Federazione tennis e Andreotti,
anche se il fronte democristiano non pareva affatto compatto, erano
per la partecipazione alla finale di Coppa Davis. In risposta ai
giochini di Andreotti e del presidente del Coni Onesti, della
federazione tennis italiana e di quella internazionale che minacciava
esclusioni pluriennali, il comitato per il boicottaggio Italia-Cile
organizzò una grande manifestazione a Roma alla quale presero parte
il sindaco Giulio Argan, esuli politici fuggiti dal Cile, le
organizzazioni sindacali, i gruppi extraparlamentari riuniti sotto la
sigla elettorale Nuova Sinistra, uomini dello spettacolo come
Domenico Modugno, che per l'occasione compose la Ballata della Coppa
Davis («ma purtroppo per il tennis/ e per la coppa davis/ un solo
guaio c'è e si chiama Pinochet...Ma che facciamo? Andiamo da quel
fascista/ e gli diciam: Senior hasta la vista! / e poi prendendo in
mano la racchetta/ dimentichiamo tutto così in fretta?»).
La squadra azzurra andò
in Cile e vinse 4 a 1, i giocatori Adriano Panatta e Paolo Bertolucci
giocarono un tempo indossando la maglia rossa, un gesto che i due
giocatori intesero come dissenso
verso la giunta di
Pinochet.
L'insalatiera, come fu
chiamata la Coppa Davis, conquistata per la prima volta dall'Italia
nel 1976 si macchiò di sangue.
“alias il manifesto”,
21 settembre 2013
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