5.11.15

Frodi e mafie. Soldi rubati all'agricoltura (Saul Caia)

Associazione per delinquere, tentata estorsione aggravata, truffa aggravata per il conseguimento di erogazione di fondi pubblici, corruzione e falsità ideologica commessa dal Pubblico Ufficiale in atti pubblici. Sono questi i reati contestati nelle tredici misure cautelari, di cui 11 arresti, emesse stamane dal Gip presso il Tribunale di Siracusa, su richiesta della Procura della Repubblica in merito all’inchiesta Terre emerse.
Il notaio-deputato Coltraro da Augusta
indagato per falso in atto pubblico
La frode
Il Nucleo antifrodi di Roma e i carabinieri del comando provinciale di Siracusa hanno sequestrato in via preventiva 555 terreni agricoli per un valore di circa 3 milioni e mezzo di euro, e la somma di 175 mila euro pari all’erogazione pubblica del 2014. Secondo le indagini, a capo dell’organizzazione ci sarebbe il pregiudicato Antonino Carcione, attualmente trasferito al carcere di Cavadonna, che utilizzando intimidazioni e danneggiamenti, e con l’ausilio di ispettori dell’AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) e degli atti firmati dal notaio-deputato Giambattista Coltraro, si sarebbe impossessato di oltre 2 mila ettari di terreni tra i comuni di Lentini, Carlentini e Augusta, ottenendo più di 200 mila euro di fondi pubblici per l’agricoltura e l’allevamento.
Della vicenda si erano già occupati i giornalisti Diego Gandolfo e Alessandro Di Nunzio, autori dell’inchiesta video Fondi rubati all’agricoltura vincitrice del premio giornalistico Roberto Morrione 2015, e nelle scorse settimane ne aveva parlato anche il programma televisivo Le Iene.
Carcione, originario di Tortorici in provincia di Messina, è soprannominato ‘Croma bianca’, noto alle autorità giudiziarie per essere un esponente dell’omonimo clan, già indagato nell’operazione ‘Icaro’ condotta dalla Procura di Messina e condannato per tentata estorsione a un imprenditore agricolo.
Nel 2012 la Dda di Messina aveva sequestrato 14 appezzamenti di terreni, per un valore di 200 mila euro, situati a Carlentini, e riconducibili allo stesso Carcione, al fratello Sebastiano e alla cognata.
“Divieto temporaneo di esercitare la professione notarile per 10 mesi” a Giambattista Coltraro, notaio augustano indagato per “falso in atto pubblico” per aver siglato tra il 2011 e il 2014 alcuni passaggi di proprietà di terreni a beneficio di Carcione. Coltrato è stato eletto alle ultime regionali con 4124 voti con il simbolo de Il Megafono, la lista “Movimento politico Crocetta Presidente” che faceva riferimento al futuro governatore Rosario Crocetta. In seguito a dissapori con il partito era transitato in Articolo 4 e infine a ‘Sicilia Democratica per le riforme’ di cui era diventato capogruppo all’Assemblea regionale. Recentemente era balzato alle cronache per essere il deputato più ricco di Palazzo dei Normanni, con un reddito complessivo pari a 306.542 mila euro.
Il pregiudicato Antonino Carcione da Tortorici

Latitanze a Lentini.
Nel corso della testimonianza del collaboratore di giustizia Santo Lenzo ai magistrati peloritani, è emerso che Antonino Carcione avrebbe aiutato il capo del gruppo dei tortoriciani Cesare Bontempo Scavo e il fratello Vincenzo, a nascondersi in un immobile a Lentini durante la loro latitanza.
Sempre in un casolare di Lentini, ma in questo caso non risulta coinvolto Carcione, si sono nascosti altri due importanti esponenti di spicco della mafia tortoriciana, i fratelli Calogero e Vincenzino Migliacca, ricercati dal 2008 in seguito alla sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Messina, poi confermata in appello e cassazione, che li condannava all’ergastolo per omicidio e associazione mafiosa in relazione alle operazioni antimafia Romanza e Icaro.
In seguito ad indagini condotte dai reparti operativi di Messina e Catania, i due latitanti sono stati individuati nelle campagne della provincia siracusana. Nel corso del blitz del novembre 2013, il gruppo intervento speciale (Gis) dei carabinieri di Livorno è riuscito ad ammanettare Calogero Migliacca, mentre il fratello per evitare l’arresto si suicidava con un colpo alla tempia. All’interno del casolare, in cui erano assenti i servizi igienici, le autorità hanno trovato giubbotti anti-proiettili e un vero e proprio arsenale.


Dal sito della rivista “Narcomafie”, 27 ottobre 2015

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