Sul bus, circondato da donne di varie
età, una ultrasettantenne e una cinquantina, forse impiegata, sedute
di fronte a me, dall'altro lato una ventenne, presumo studentessa.
Tutte e tre, a un certo punto, si
mettono a far sorrisi, mossette, gesti scherzosi.
Mi volto e capisco. È salita una
giovane africana, piccola ed elegante, e si è seduta nel posto delle
mamme bloccando davanti a sé la carrozzella. Guardo dentro: c'è una
vezzosa bimba nera che può avere un anno, con quegli occhi grandi
espressivi che usano in tv e sui giornali per suscitare tenerezza e
generosità.
Ma la bambina non risponde ai sorrisi,
si è chiusa in sé, sembra un po' irritata. Le due donne di fronte a
me a bassa voce commentano, risalgono dal piccolo al grande, dal
particolare al generale.
- Sono loro che ce l'hanno con noi, non
noi con loro...
- Non me lo dica, ho un figlio a Roma
che...
Il razzismo deve essere penetrato nella
coscienza di queste brave signore nella forma del vittimismo, la più
perniciosa e devastante.
Nota fb, 28 ottobre 2015
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