30.11.15

A passo di dama. Un gioco tra sport e arte (Dario Pelizzari)

Henri Matisse, La famiglia del pittore
«Ci sono vari modi per terminare una partita a dama: vincere; perdere; rovesciare la scacchiera; eliminare se stessi e l’avversario». Così lo scrittore pugliese Nicola Lagioia, Premio Strega 2015, nel suo romanzo d’esordio Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj. La dama come terreno di scontro per un confronto surreale con i grandi maestri della letteratura dei secoli scorsi. Per affrancarsi dalla memoria e seguire nuove strade. Chi vince sopravvive, chi perde va al macero.
Tolstoj è l’avversario più diffìcile da battere. Conosce le mosse: sa quando avanzare e quando arrestarsi, come attaccare e come difendersi. Tutto vero, lo dicono le cronache dell’epoca: l’autore di alcuni dei più mirabili monumentì di carta dell’Ottocento era un temibilissimo giocatore di dama. Una passione, la sua, che trasferì anche in una delle sue opere più celebri, Guerra e pace, fotografia in bianco e nero della Russia ai tempi della campagna napoleonica (1812).
Lo scenario di riferimento, la battaglia di Borodino, che coinvolse circa 250 mila soldati e contò decine di migliaia di morti. «Se i comandanti dei due eserciti fossero stati mossi da cause ragionevoli, pare, Napoleone avrebbe dovuto vedere chiaramente che, essendo penetrato per duemila verste (unità di misura dell’impero russo, pari a 1066,8 metri, ndr) in un paese nemico e prendendo l’iniziativa di una battaglia con la probabilità di perdere un quarto dell’esercito, si esponeva a sicura rovina. E altrettanto chiaro avrebbe dovuto sembrare a Kutusov che, accettando di dare battaglia e arrischiando pure di perdere un quarto dell’esercito, perdeva certamente Mosca. Per Kutusov questo era matematicamente chiaro, come è evidente che se in una partita a dama io ho una pedina in meno e continuo a scambiare, certamente perderò e perciò non devo scambiare. Quando il mio avversario ha sedici pedine e io ne ho quattordici, io sono più debole di lui soltanto di un ottavo; ma quando avrò scambiato tredici pedine, egli sarà tre volte più forte di me». Le ricerche archeologiche hanno confermato che già molti secoli prima dell’era cristiana esistevano giochi con la damiera e le pedine. La più antica tavola, composta di tre caselle per sei, è stata trovata in Egitto e risale a circa 7000 anni fa. Avete letto bene, 7000 anni fa. Anche se è bene dire che il gioco praticato neO’antico Egitto aveva poco o nulla in comune con la dama di oggi. E certo, pure con il gioco che aveva conosciuto il giovanissimo Tolstoj. Come riporta il saggio Il gioco della dama dalle origini alle moderne olimpiadi, pubblicato dalla Federdama nel 2008, la dama si diffuse in Russia durante il regno dello zar Pietro I, tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento. «Nel palazzo Menshinkov vi sono molti tavoli con sopra le pipe ed il tabacco per fumare ed annusare e anche molti tavoli per giocare a scacchi e a dama», scrive nel suo diario il cameriere personale dello zar. La dama russa di quel tempo proponeva una grande ricchezza di combinazioni. Le pedine avevano ampi margini di movimento ed era prevista la libertà di presa. Se vuoi, mangi. Altrimenti, muovi seguendo la tua strategia. Al contrario di quanto era possibile fare in altri Paesi d’Europa. Sì, perché il gioco era uno ma le varianti numerose.
In Italia, il primo trattato sul gioco della dama venne pubblicato nel 1830. Ne Il giuoco della Dama all’uso italiano, Cesare Mancini raccoglie 40 partite e 150 problemi. Suggerisce le logiche del contendere, ma non accompagna il lettore alla soluzione del rompicapo. Non spiega cioè nel dettaglio come battere un avversario seguendo strategie e intuizioni. Lo farà qualche anno più tardi l’abate Michelangelo Lanci nella sua opera in due volumi Il Trattato teorico-pratico del gioco di Dama, che darà un grande impulso alla diffusione del gioco sul territorio della Penisola. Regole e partite, teoria e pratica. Lanci dà alle stampe un manuale imprescindibile per gli appassionati di allora e pure per tutti coloro che negli anni successivi si avvicineranno alla dama nella sua versione tricolore.
Con la sua diffusione sul territorio europeo, la dama divenne oggetto di ispirazione per alcuni dei più grandi pittori dell’epoca. Nel 1844, il francese Gustave Coubert, padre del realismo francese, presentò The Game of Draughts, il gioco della dama. Titolo i-nequivocabile per un’opera che fece presa nell’immaginario collettivo. La dama piace e convince. E si diffonde a macchia d’olio. Agli inizi del Novecento, il pittore francese Henri Matisse la propose in quattro dipinti tra i più noti della sua produzione. Da vedere e rivedere Odalisca sopra un sofà turco, il capolavoro che riserva alla damiera uno spazio di assoluta protagonista al centro della scena. Una scelta condivisa dal celebre visionario russo Vasilij Kandinskij, che presentò negli stessi anni Black Frame, una straordinaria sintesi della sua arte declinata all’astratto. Origini antichissime - è stata trovata una pergamena risalente all’antico Egitto che raffigura il faraone Ramsete III alle prese con una damiera di sei caselle per sei - e sviluppi tutti da raccontare e definire. Fino alla versione sottoscritta a Parigi agli inizi del Settecento, oggi adottata dalla Federazione mondiale per i tornei internazionali. La chiamano ‘‘cento caselle” o “polacca”. Si gioca su una damiera di dieci caselle per dieci. A ogni giocatore, venti pedine, che possono muoversi in avanti e indietro e possono mangiare anche le dame. La prima mossa spetta al bianco. Se la pedina raggiunge con una presa la base avversaria e può eliminare un'altra pedina, è obbligata a farlo senza diventare dama. Non è così nella versione italiana, che prevede nella presa l’obbligo di priorità: prima le prese multiple, quindi le dame, infine le pedine di maggior interesse strategico. Diverso l’approccio, diversa la forma. La damiera italiana è più piccola rispetto alla versione intemazionale (otto caselle per otto) e le pedine sono 12 pei; giocatore. Stesse modalità di partenza della dama inglese, giocata soprattutto nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Le differenze? Prima mossa al nero, pedine che possono mangiare le dame e libertà di scelta nella presa.
Dama internazionale, dama inglese, dama italiana. A ognuno il suo. Per la gioia dei tanti giocatori che possono misurare le proprie abilità nei diversi tornei organizzati nel corso dell’anno. Due gli appuntamenti più attesi dai fuoriclasse delle pedine: i campionati mondiali di dama internazionale e i mondiali di dama inglese. Nella prima competizione, la damiera parla russo più o meno da sempre. Dalla fine degli anni Ottanta a oggi è stata una sfida a tre tra Alexei Chizhov, vincitore di dieci titoli, Alexander Schwartzman e Alexander Georgiev, assoluto dominatore delle ultime tre edizioni. In questi giorni si sta giocando in Olanda il mondiale 2015. Altra storia nei Draughts Championship, i campionati intemazionali di dama inglese, dove il fuoriclasse delle Barbados Ron King ha ceduto lo scettro di pruno della classe dopo anni di trionfi in entrambe le specialità, Gayp (mossalibera) e3-Move (tre mosse). Per la prima volta nella storia del gioco, i due campioni in carica sono italianissimi: Sergio Scarpetta, dal luglio 2014 numero uno nella categoria Gayp, e Michele Borghettì, vincitore nel 2013 e nel 2015 nella 3-Move.


“Avvenire”, 15 novembre 2015

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