Henri Matisse, La famiglia del pittore |
«Ci sono vari modi per
terminare una partita a dama: vincere; perdere; rovesciare la
scacchiera; eliminare se stessi e l’avversario». Così lo
scrittore pugliese Nicola Lagioia, Premio Strega 2015, nel suo
romanzo d’esordio Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj. La
dama come terreno di scontro per un confronto surreale con i grandi
maestri della letteratura dei secoli scorsi. Per affrancarsi dalla
memoria e seguire nuove strade. Chi vince sopravvive, chi perde va al
macero.
Tolstoj è l’avversario
più diffìcile da battere. Conosce le mosse: sa quando avanzare e
quando arrestarsi, come attaccare e come difendersi. Tutto vero, lo
dicono le cronache dell’epoca: l’autore di alcuni dei più
mirabili monumentì di carta dell’Ottocento era un temibilissimo
giocatore di dama. Una passione, la sua, che trasferì anche in una
delle sue opere più celebri, Guerra e pace, fotografia in
bianco e nero della Russia ai tempi della campagna napoleonica
(1812).
Lo scenario di
riferimento, la battaglia di Borodino, che coinvolse circa 250 mila
soldati e contò decine di migliaia di morti. «Se i comandanti dei
due eserciti fossero stati mossi da cause ragionevoli, pare,
Napoleone avrebbe dovuto vedere chiaramente che, essendo penetrato
per duemila verste (unità di misura dell’impero russo, pari a
1066,8 metri, ndr) in un paese nemico e prendendo l’iniziativa di
una battaglia con la probabilità di perdere un quarto dell’esercito,
si esponeva a sicura rovina. E altrettanto chiaro avrebbe dovuto
sembrare a Kutusov che, accettando di dare battaglia e arrischiando
pure di perdere un quarto dell’esercito, perdeva certamente Mosca.
Per Kutusov questo era matematicamente chiaro, come è evidente che
se in una partita a dama io ho una pedina in meno e continuo a
scambiare, certamente perderò e perciò non devo scambiare. Quando
il mio avversario ha sedici pedine e io ne ho quattordici, io sono
più debole di lui soltanto di un ottavo; ma quando avrò scambiato
tredici pedine, egli sarà tre volte più forte di me». Le ricerche
archeologiche hanno confermato che già molti secoli prima dell’era
cristiana esistevano giochi con la damiera e le pedine. La più
antica tavola, composta di tre caselle per sei, è stata trovata in
Egitto e risale a circa 7000 anni fa. Avete letto bene, 7000 anni fa.
Anche se è bene dire che il gioco praticato neO’antico Egitto
aveva poco o nulla in comune con la dama di oggi. E certo, pure con
il gioco che aveva conosciuto il giovanissimo Tolstoj. Come riporta
il saggio Il gioco della dama dalle origini alle moderne
olimpiadi, pubblicato dalla Federdama nel 2008, la dama si
diffuse in Russia durante il regno dello zar Pietro I, tra la fine
del Seicento e i primi anni del Settecento. «Nel palazzo Menshinkov
vi sono molti tavoli con sopra le pipe ed il tabacco per fumare ed
annusare e anche molti tavoli per giocare a scacchi e a dama»,
scrive nel suo diario il cameriere personale dello zar. La dama russa
di quel tempo proponeva una grande ricchezza di combinazioni. Le
pedine avevano ampi margini di movimento ed era prevista la libertà
di presa. Se vuoi, mangi. Altrimenti, muovi seguendo la tua
strategia. Al contrario di quanto era possibile fare in altri Paesi
d’Europa. Sì, perché il gioco era uno ma le varianti numerose.
In Italia, il primo
trattato sul gioco della dama venne pubblicato nel 1830. Ne Il
giuoco della Dama all’uso italiano, Cesare Mancini raccoglie 40
partite e 150 problemi. Suggerisce le logiche del contendere, ma non
accompagna il lettore alla soluzione del rompicapo. Non spiega cioè
nel dettaglio come battere un avversario seguendo strategie e
intuizioni. Lo farà qualche anno più tardi l’abate Michelangelo
Lanci nella sua opera in due volumi Il Trattato teorico-pratico
del gioco di Dama, che darà un grande impulso alla diffusione
del gioco sul territorio della Penisola. Regole e partite, teoria e
pratica. Lanci dà alle stampe un manuale imprescindibile per gli
appassionati di allora e pure per tutti coloro che negli anni
successivi si avvicineranno alla dama nella sua versione tricolore.
Con la sua diffusione sul
territorio europeo, la dama divenne oggetto di ispirazione per alcuni
dei più grandi pittori dell’epoca. Nel 1844, il francese Gustave
Coubert, padre del realismo francese, presentò The Game of
Draughts, il gioco della dama. Titolo i-nequivocabile per
un’opera che fece presa nell’immaginario collettivo. La dama
piace e convince. E si diffonde a macchia d’olio. Agli inizi del
Novecento, il pittore francese Henri Matisse la propose in quattro
dipinti tra i più noti della sua produzione. Da vedere e rivedere
Odalisca sopra un sofà turco, il capolavoro che riserva alla
damiera uno spazio di assoluta protagonista al centro della scena.
Una scelta condivisa dal celebre visionario russo Vasilij Kandinskij,
che presentò negli stessi anni Black Frame, una straordinaria
sintesi della sua arte declinata all’astratto. Origini antichissime
- è stata trovata una pergamena risalente all’antico Egitto che
raffigura il faraone Ramsete III alle prese con una damiera di sei
caselle per sei - e sviluppi tutti da raccontare e definire. Fino
alla versione sottoscritta a Parigi agli inizi del Settecento, oggi
adottata dalla Federazione mondiale per i tornei internazionali. La
chiamano ‘‘cento caselle” o “polacca”. Si gioca su una
damiera di dieci caselle per dieci. A ogni giocatore, venti pedine,
che possono muoversi in avanti e indietro e possono mangiare anche le
dame. La prima mossa spetta al bianco. Se la pedina raggiunge con una
presa la base avversaria e può eliminare un'altra pedina, è
obbligata a farlo senza diventare dama. Non è così nella versione
italiana, che prevede nella presa l’obbligo di priorità: prima le
prese multiple, quindi le dame, infine le pedine di maggior interesse
strategico. Diverso l’approccio, diversa la forma. La damiera
italiana è più piccola rispetto alla versione intemazionale (otto
caselle per otto) e le pedine sono 12 pei; giocatore. Stesse modalità
di partenza della dama inglese, giocata soprattutto nel Regno Unito e
negli Stati Uniti. Le differenze? Prima mossa al nero, pedine che
possono mangiare le dame e libertà di scelta nella presa.
Dama internazionale, dama
inglese, dama italiana. A ognuno il suo. Per la gioia dei tanti
giocatori che possono misurare le proprie abilità nei diversi tornei
organizzati nel corso dell’anno. Due gli appuntamenti più attesi
dai fuoriclasse delle pedine: i campionati mondiali di dama
internazionale e i mondiali di dama inglese. Nella prima
competizione, la damiera parla russo più o meno da sempre. Dalla
fine degli anni Ottanta a oggi è stata una sfida a tre tra Alexei
Chizhov, vincitore di dieci titoli, Alexander Schwartzman e
Alexander Georgiev, assoluto dominatore delle ultime tre edizioni. In
questi giorni si sta giocando in Olanda il mondiale 2015. Altra
storia nei Draughts Championship, i campionati intemazionali di dama
inglese, dove il fuoriclasse delle Barbados Ron King ha ceduto lo
scettro di pruno della classe dopo anni di trionfi in entrambe le
specialità, Gayp (mossalibera) e3-Move (tre mosse). Per la prima
volta nella storia del gioco, i due campioni in carica sono
italianissimi: Sergio Scarpetta, dal luglio 2014 numero uno nella
categoria Gayp, e Michele Borghettì, vincitore nel 2013 e nel 2015
nella 3-Move.
“Avvenire”, 15
novembre 2015
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