Maria Luisa Spaziani con Eugenio Montale |
Ci sono tante ragioni per
le quali gli autori italiani entrano a far parte del catalogo dei
«Meridiani»: perché sono dei 'classici' - a qualsiasi secolo
appartengano - e l'inclusione nella collana permette di rileggerli
tutti interi, con un sostegno critico-filologico robusto. Oppure
perché sono o sono stati molto letti (Chiara, Bevilacqua, Camilleri)
e fanno parte per questo - occorre dirlo senza snobismi - della
coscienza letteraria nazionale. O al contrario, perché sono stati
letti troppo poco, fuori dal loro tempo e al di là di una ristretta
cerchia: in quei casi, il «Meridiano» assume una funzione
paradossale, di rilancio e insieme di consacrazione (Tobino, Ottieri,
Alba de Céspedes). O ancora, perché incarnano, più o meno bene,
un'idea alta della scrittura come valore o come veicolo di valore,
civile o culturale (da Bobbio a Terzani, da Citati a Magris). Last
but not least, ci sono gli autori di cui vale la pena ‘fare un
Meridiano', perché sono o sono stati figure di relazione, che
colmano vuoti, congiungono sponde, incrociano altre opere e altre
vite: non è una questione assiologica, né riguarda la tipologia dei
generi praticati. È un dato che ha a che fare piuttosto con la
collocazione di quegli autori nel campo letterario e con la capacità
di socializzare con il loro presente empirico.
A quest'ultimo gruppo
appartengono autori tra loro diversissimi (Fortini e Siciliano), e ne
fa parte anche Maria Luisa Spaziani; il suo «Meridiano» (Tutte
le poesie, a cura di Paolo Lagazzi e Giancarlo Pontiggia,
Mondadori, pp. CXVIII-1864, € 65,00) è infatti gremito di poesie
dedicate a scrittori e amici, personaggi storici e affetti
famigliari. Non è in alcun modo una poesia sociale, quella di Maria
Luisa Spaziani, ma è certamente una poesia socievole.
Il volume, corredato da
un'introduzione di Lagazzi (autore anche della bibliografia, in
collaborazione con Andrea Dalla Pria) e da una cronologia di
Pontiggia (che cura anche le note conclusive), include tutte le
raccolte poetiche di Spaziani, da Le acque del sabato (1954) a
La luna è già alta (2006) e L’incrocio delle mediane
(2009).
Una carriera di oltre
cinquant'anni, durante la quale l'autrice torinese ha intersecato la
linea maggiore della poesia novecentesca, in cui Montale resta il
punto fermo. Del ben noto sodalizio con il poeta della Bufera,
Maria Luisa Spaziani ha parlato di recente in un libretto
autobiografico: Montale e la Volpe. Il «Meridiano» permette
adesso di misurare anche l'incidenza che l'immaginario e più ancora
il lessico montaliano hanno avuto nella sua poesia; dice bene Lagazzi
quando parla di «riverberi stilistici, metrici, sintattici,
lessicali», riconoscibili a prima vista, allusivi e talvolta
citatori (Le sette di sera: «le scaglie di bottiglia in cima
al muro»), eppure offerti «in un'ottica profondamente originale».
Lagazzi paragona,
complice un confronto un po' sfocato proposto a suo tempo da Garboli,
il rapporto poetico Montale-Spaziani a quello Montale-Penna:
all'inerzia del sentire montaliano, si contrapporrebbe, tanto in
Penna quanto in Spaziani, la «divinità del desiderio». In
effetti, la poesia di Spaziani muove talvolta la corda della
sensualità e quella dell'ironia non satirica (non tardo-montaliana,
cioè). Ma non so se sia questa la chiave migliore; sembra piuttosto
che Spaziani abbia assimilato l'imagery montaliana
svincolandola dai suoi presupposti (l'ampliamento del dicibile
lirico, che corrisponde anche a un'estensione dell'interiorità
conoscibile per mezzo della poesia). Il che è, al tempo stesso, un
limite e una qualità: un limite, perché destoricizza e riduce la
portata dell'innovazione montaliana; una qualità, perché -
attraversando à rebours i suoi modelli - Spaziani ne marca i
tratti, come preservandoli da palinodie e derive.
In questa fedeltà, nello
«stupore che rinasce intatto» (Giovanna d'Arco, epilogo), si
trova la cifra della poesia di Maria Luisa Spaziani: una costante e
rispettabile inattualità stilistica (in contrasto solo apparente con
la poetica socievole a cui accennavo prima), che l'ha tenuta distante
nel bene e nel male da scuole, correnti, esperimenti del secondo
Novecento.
“alias domenica il
manifesto”, 10 giugno 2012
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