11.11.15

Prima del “mostro”. Collodi e i misteri di Firenze (Aurelio Minonne)

Carlo Collodi
Dopo la prima edizione del 1857, toma a disposizione del pubblico degli specialisti e dei curiosi quest'opera minore del creatore di Pinocchio (I misteri di Firenze, Salani, 1988). Il titolo riecheggia il capolavoro (sui generis) di Eugene che ebbe varianti più o meno originali (a Londra e a Genova, a Monaco e a Milano, a Marsiglia e a Napoli) e imitatori più o meno luminosi (Féval e Sauli, Balzac e Barrili, Zola e Mastriani). I Misteri, in qualsivoglia città d'Europa indagati, si caratterizzavano per l'ambientazione realistica e labirintica, per l'esotismo della porta accanto e dell’isolato più in là, per l'intreccio apparentemente immotivato di disgraziate vicende private tutte palesemente false e eccessive eppure tutte credibilmente intrise di vissuto.
Non cosi i Misteri di Collodi che, a metà della fatica, non ne poté più e in tre pagine memorabili provò a spiegare che Firenze è troppo piccola e i suoi cittadini tutti reciprocamente noti tra loro perché vi sia qualcosa di realmente misterioso (il mostro di Scandicci era ancora di là da venire) e che, alla fine, il suo libro, di veramente misterioso, altro non ha che la ragione per la quale l'autore vi aveva messo mano.
Che cosa rimane, allora, al lettore? Una gustosissima ed elegantissima «messa in forma» linguistica, in cui il dialettale è giustapposto all'internazionale e il curiale al gergale, in una pirotecnica babele brillantemente dominata dal burattinaio toscano. E l'anticipazione, se si vuole, di una lingua che troverà perfezione e compimento nel Pinocchio, testo nel quale confluiranno anche intere pagine di
quest'opera. Opera che, presentata come primo volume per solleticare attese nel pubblico dell'epoca, cadde nel più indifferente dei silenzi e non ebbe mai seguito. La sua riedizione attuale ne premia, sia chiaro, il solo valore documentale.


“l’Unità”, 5 ottobre 1988

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