1.2.13

In morte del cinepanettone ucciso dalla grande crisi (Roberto Brunelli)

Dalla rubrica Abissi del quotidiano "Pubblico", prematuramente scomparso, una convincente lettura di un genere cinamatografico diventato un fenomeno di costume e della sua fine ingloriosa. (S.L.L.) 
In quest’Italia sprofondata nella crisi dove però la crisi appare sui giornali e sui tg solo come un’astrazione folle, fatta di numeri e di termini bizzarri come spread e similari, una notizia che non ha avuto il risalto che meritava è la morte del cinepanettone.
Cosa incredibile, perché la morte del cinepanettone è un evento epocale, gonfio di una fortissima carica simbolica. Sembra ere geologiche fa, ma ogni santo natale che il signore metteva in terra approdava nelle sale un nuovo “Vacanze a...”o similari ed ogni volta il mondo si divideva in due: quelli che il cinepanettone è onesta cultura popolare, e quelli che il cinepanettone è l’abominio del cinema tricolore.
Forse non è vera né l’una né l’altra cosa: quel che è vero che il cinepanettone, tecnicamente parlando, è una forma di pornografia. Badate bene, non c’è nessuna rilevanza morale in questa definizione: è una questione formale, semplicemente vuol dire che si tratta della pornografia della comicità. Come in un film porno il dettaglio (ossia la copula o gli organi genitali) viene ingrandito all’estremo e ripetuto ossessivamente, così avviene nel cosiddetto cinepanettone: la battuta trucida, la situazione esageratamente ovvia nella sua dinamica comica, è ingigantita e replicata in una specie di infallibile meccanismo automatico. Il che, peraltro, rende il cinema panettone un oggetto straordinario sotto il profilo strettamente cinematografico: ha un ritmo tutto suo, sfrenato e quasi isterico, che ha pochi paragoni nella storia della settima arte.
Ma ora è finita. Addio cinepanettone. Addio Boldi e De Sica, riconvertiti a ritmi più soavi, a temi più morbidi, a commedie più soffici, in sintonia con i tempi. Addio ricconi e sbruffoni, vacanze spendaccione a Miami o sul Nilo, adolescenti procaci e amanti ingioiellate, battute grevi come le interiora di un porco. Tutto questo, al tempo del governo sobrio dei tecnici - e forse nemmeno di quel che al governo dei tecnici seguirà - non ha più motivo d’essere.
Probabilmente gli stessi spettatori, nonostante il sacrosanto diritto-dovere all’evasione, non hanno più la voglia né la capacità di sganasciarsi dalle risate. E anche questa è una notizia. Che probabilmente non leggeremo sui giornali.

"Pubblico", 30 dicembre 2012

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