O miei mozzi trastulli
pensieri in cui mi credo
e vedo,
ingordo vocativo
decerebrato anelito.
Come lordo e infecondo
avvolge un cielo
armonie di recise ariste,
vene
dubitanti di rivi,
e qui deruba
già le lampade ai deschi
sostituisce il bene.
Come i cavi s'ingranano a
crinali
i crinali a tranelli a
gru ad antenne
e ottuso mostro
in un prima eterno
capovolto
il futuro diviene.
Il suono, il movimento
l'amore s'ammollisce in
bava
in fisima, gettata
torcia il sole mi sfugge.
Io parlo in questa
lingua che passerà.
da Vocativo,
Mondadori, 1957
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