11.2.15

Le parole dell'oppressione (S.L.L.)

Secondo me sbaglierebbero i sostenitori di Tsipras (o anche i simpatizzanti) a preoccuparsi eccessivamente per i rifiuti di questi giorni. Irrigidimenti, posizionamenti, tiraemolla, mosse e contromosse sono nella logica di ogni trattativa difficile e mi pare prematuro dichiarare impossibile un accordo a cui in molti sono, per diverse ragioni, interessati.
Io trovo invece inquietanti alcuni vezzi linguistici a cui molti media italiani e, credo, europei si sono assoggettati. Per i banchieri europei, per i loro referenti politici, i loro spalleggiatori mediatici, gli impegni elettorali assunti da Tsipras sarebbero "promesse" e, in quanto tali, aggirabili o eludibili. Mentre gli impegni finanziari e legislativi, assunti dai governi precedenti, sarebbero "obblighi" e, in quanto tali, stringenti e assoluti.
Questo linguaggio sottende una concezione della democrazia per lo meno stravagante: tende a far passare nella testa delle persone che la sovranità popolare è una burletta, che tutt'al più il popolo di certi paesi disgraziati (e non solo di quelli) può scegliere la corda a cui impiccarsi, che ci sono dei poteri oggettivi a cui bisogna di necessità assoggettarsi.
Tutto questo tende ad occultare il fatto che fondi monetari, troike, supergruppi eccetera non sono propriamente organismi neutri, ma sono emanazione dei grandi potentati finanziari, espressione di interessi determinati.


stato di fb – 9 febbraio 2015

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