8.2.15

Industrie Olivetti. Quando Fortini inventò la Lexicon (Paolo Volponi)

Paolo Volponi a Ivrea, davanti alla sede dell'Olivetti
Paolo Volponi e Francesco Leonetti nel 1995 pubblicarono presso Einaudi Il leone e la volpe. Dialogo nell'inverno 1994. Il volume raccoglieva i ragionamenti di due amici, scrittori “impegnati” che fin dalla giovinezza avevano tentato di mettere in relazione la propria ricerca culturale e letteraria con l'Italia di ieri e di oggi e messo in discussione la civiltà occidentale e i suoi valori. Volponi e Leonetti avevano in comune l'esperienza di una rivista letteraria importante, “Officina”, con Fortini, Pasolini, Romanò e Scalia. Nel libro, in cui i due discutono di politica, industria, classe operaia, comunismo, Volponi rievoca anche gli anni trascorsi alla Olivetti, con quello strano imprenditore che era stato Adriano Olivetti. “Posto” qui uno stralcio della sua testimonianza. (S.L.L.)
1947 - Franco Fortini in una fabbrica Olivetti con un operaio
Fui presentato ad Adriano (Olivetti, ndr) da Carlo Bo e da Franco Fortini. Il mio curriculum vitae lo scrisse a macchina Franco Fortini nel '49 a Milano. Fortini lavorava all'Olivetti ma non era un «olivettiano», nel senso che non era un ammiratore di Adriano: aveva con lui dei conflitti. Si stimavano reciprocamente e si disapprovavano: si criticavano molto però si rispettavano, tanto che Fortini lavorava per Adriano e Adriano faceva lavorare Fortini, alla pubblicità; e lui lo ripagava inventando dei nomi per le macchine; per esempio il nome Lexicon l'ha inventato Fortini. Fortini mi conosceva attraverso un libretto di poesie che avevo stampato nel '48. La mia conoscenza di Gramsci, allora, non c'era per niente; e non c'era nemmeno la conoscenza dei testi di sociologia industriale.

Adriano e i poeti
Dove trovava Adriano i dirigenti? In quel momento, dopo la guerra, doveva farseli, e allora faceva colloqui e puntava sugli intellettuali, sugli uomini di ricerca, di fantasia, sui poeti, perché li riteneva portatori di una capacità di operare, di innovare. Così aveva affidato la pubblicità a Sinisgalli, un poeta, e Sinisgalli l'aveva ripagato bene perché la pubblicità della Olivetti allora era esemplare, certamente fuori dall'ordinario, addirittura bella. Aveva grandi architetti che gli avevano progettato fabbriche bellissime, case per gli operai, un'urbanistica per la fabbrica di Ivrea. Ivrea non è mai diventata un centro convulso, una periferia industriale nel senso corrente della parola, una città squallida, come dormitorio, ma è rimasta una cittadina che è cresciuta bene, con bei quartieri, belle case, servizi e trasporti organizzati.
Gli intellettuali che erano lì di che formazione erano? Di varia formazione. C'era Pampaloni che era un cattolico, e quindi aveva una formazione essenzialmente letteraria e politica, come un cardinale Richelieu che sa suggerire al Principe delle idee. Però c'era anche Bigiaretti di cui si sapeva che votava per il partito comunista, aveva fatto la resistenza e probabilmente aveva già letto Gramsci.
C'era Franco Momigliano che era un comunista e che forse in qualche modo si può definire un sociologo, anche se allora la parola sembrava strana; c'era Gallino che era in fabbrica e faceva studi ed esperimenti in fabbrica, e poi ha scritto il primo testo di sociologia industriale nell'esperienza. E' passato per l'Olivetti anche Insolera; c'era anche una certa cultura di sinistra rigidamente di classe, rappresentata soprattutto da Fortini e anche da Insolera. (...)

Fiat «espropriata»
Il rapporto col sindacato era aperto: la Cgil pubblicava un giornalino dentro la fabbrica che si chiamava Il tasto. Era un giornalino molto duro, che affrontava i dirigenti anche personalmente; era molto temuto; Adriano era molto attento a Il tasto. Certo, Adriano era un imprenditore, forse anche un capitalista, però era uno che era passato attraverso l'esperienza dell'antifascismo, era uno che aveva la tessera del partito socialista, alla liberazione del paese. Il Psi propose a Adriano di diventare commissario alla Fiat.
La Fiat, come si sa, era stata occupata, era governata dal Consiglio di Gestione; era stata espropriata, tolta agli Agnelli; il senatore Agnelli era addirittura sotto processo come collaborazionista. I partiti dell'esarchia che governavano avevano chiesto ad Adriano, subito dopo la liberazione, di fare il commissario straordinario alla Fiat. E Adriano disse di no. Che cosa voleva Adriano dal partito socialista? Voleva la direzione dell' Avanti, la gestione della Fiat gli interessava meno, quel lavoro lo faceva già all'Olivetti, ed era più interessato al discorso culturale di rinnovamento.
Il rapporto col sindacato da parte nostra era aperto. All'Olivetti è sempre sopravvissuto un Consiglio di Gestione, anche dopo che i Consigli di Gestione furono ovunque cancellati. Era, questo, un organismo prodotto dal movimento di resistenza, dai partiti della liberazione; anche gli operai discutevano ed eleggevano rappresentanti di un consiglio che gestiva la fabbrica.
Certo, ormai non gestiva più la fabbrica perché questa era ritornata nelle mani di Adriano, ma era rimasto e gestiva tutti i servizi culturali e sociali dell'azienda, con un peso non solo consultivo ma anche deliberativo sui bilanci dei servizi sociali, quindi sull'istruzione, sull'assegnazione degli alloggi, sulle mense, sugli asili, su tutti quei servizi che la Olivetti promuoveva. L'esperienza poi si è frantumata.

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