Da una parte c’è
Recanati, provincia di Macerata, natio borgo selvaggio tutto attorno
a Casa Leopardi … Dall’altra Jasnaja Poljana, vicino Tula, nella
Russia europea, letteralmente «radura serena», casa o di Tolstoj,
culla e tomba... sintesi e giustapposizione di vita e opera d’arte.
I luoghi, le case, le
città (e i parchi letterari) sono gli eloquenti protagonisti di
Tolstoj e Leopardi – Il respiro dell’anima progetto
espositivo realizzato in un 2011 non solo centocentocinquantenario
dell’Unità di Italia, ma anche anno dedicato alla promozione della
cultura e della lingua italiana in Russia, e viceversa.
...Per due mesi
manoscritti, matite, diari e foto di Lev Nikolaevic Tolstoj sono
stati ospitati ed esposti al pubblico a casa Leopardi (lungo un
percorso tematico che tocca snodi cruciali, dall’immagine della
donna alla natura, dal viaggio alla spiritualità); fino al 27
novembre, sarà poi simbolicamente Giacomo Taldegardo Francesco
Salesio Saverio Pietro Leopardi a viaggiare in Russia per un
soggiorno alla Tenuta Museo di Jasnaja Poljana, attraverso le opere e
cimeli solitamente serbati a Recanati.
Le curatrici della
mostra, Fabiana Cacciapuoti e Galina Alexeeva si sono impegnate nel
consegnare ai visitatori un racconto esaustivo e sintetico dei due
immensi della cultura mondiale, ed è un piacere leggere dell’uno e
dell’altro in stereo, incrociando gli occhi nel passaggio tra
l’alfabeto latino a quello cirillico, per scoprire che di fondo i
due nulla avevano in comune, ma probabilmente si sarebbero piaciuti
se solo avessero potuto incontrarsi in villeggiatura davvero e non
solo a mezzo della volenterosa raccolta delle rispettive memorabilia.
(La cosa peraltro sarebbe stata impossibile, perché Tolstoj ha dieci
anni quando Leopardi muore, anche se poi riesce a conoscerlo,
attraverso le opere e ad annoverarlo tra «gli uomini eccezionali
della prima parte del’Ottocento»).
Intanto, seguendo le
tavole della mostra si rammenta quanto le due famiglie, i discendenti
della gens leoparda e gli ascendenti di Leone Tolstoj, pur nei
momenti di felicità, non avrebbero potuto somigliarsi di meno:
sopravvivono a Leopardi un padre amoroso e soverchiatore, una madre
efficiente e distante, mentre Tolstoj, orfano a nove anni e affidato
a zie e nonni, nutre per sempre il ricordo di un padre allegro e
divertente e di una madre poliglotta e capace di inventare fiabe
meravigliose.
Il confronto serrato del
breve percorso espositivo esaspera le differenze: la steppa russa e
la costa adriatica, sudate carte e il set di tozze matite faber, la
figura gracile di Giacomo e i favolosi stivali da contadino con cui
Tolstoj prendeva la via dei campi e dell’aratura. Dove uno è
prudente e lieve, l’altro è smisurato e vigoroso. Le “pere
moscadelle”, piccole e dolci, sono il primo ricordo olfattivo di
Leopardi, Tolstoj impianta a casa sua un meleto di quasi diecimila
esemplari. Leopardi sfidava il fratello a scacchi, Tolstoj faceva
solitari di carte dopo grandi sforzi creativi; Giacomo bambino
(discolo e agile) faceva la guerra ma sceglieva sempre il ruolo di
Ettore. Durante l’infanzia Tolstoj e i suoi fratelli credevano
nell’esistenza di un rametto verde con su scritto il segreto della
felicità. Eterna pursuit of
happiness che ha percorso, con strade, accenti, e destini
diversi, la vita e l’opera di entrambi e si è riversata in non
distanti raccolte di pensieri: Zibaldone e Diari.
Interessante anche
l’aspetto della rappresentazione, dei supporti tecnici alle
poderose fantasie: se a Leopardi, che da bambino gioca con ombre
cinesi e lanterne magiche, basta una siepe, per fingere e figurare il
mondo e l’infinito, Tolstoj che arriva con forza, curiosità e
mezzi fino al 1910, ama l’homemovie e non perde occasione
per farsi ritrarre da amici improvvisati videomaker.
Persino al suo funerale.
il manifesto 25 novembre
2011
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