L'ingresso dell'ospedale psichiatrico Henri Ey a Perray Vaucluse - Paris |
Parigi 3 marzo 1983. Lettera ai miei compagni dell’Ospedale Psichiatrico di Perray Vaucluse.
Compagni! Che nebbia tra di noi!
Vi distinguo male compagni miei, che i muri proclamano, che le finestre come pareti sdegnano.
Dorme quello là? O sbriciola forse del tabacco tra le dita di Canapa?
Penso a voi come si pensa all’assenza, al contenuto dell’assenza.
Le vostre ossa ripiegate, dormite o sobbalzate nel corridoio per supplicare la notte di intervenire, di intercedere perché cessi di essere la notte.
Siete le ombre delle ombre che sonnecchiano, camminate e non è più la notte, ma il baccano del grande deambulatorio dell’angoscia di domani che vivete tritando la paura dello spazio, annerito dal sonno degli altri.
Il vostro spazio riprenderà corpo con il giorno.
Il vostro Corpo-Spazio che è la vostra solidarietà di dimorare nella coercizione del divenire dei muri, può darsi dipinti alla calce di domani.
Immagino il sonno di qualcuno e benedico questa attesa dell’indomani fedele.
La vostra ricchezza è di non possedere nient’altro che la certezza di “essere già di là”, a non cercare nient’altro che la lassitudine di non essere niente più che un altro giorno.
Non abbandonate la nostra certezza, vi amo nella vostra spoliazione fragile.
E’ più facile amare ciò che è spoglio, non tradire ciò che è spoglio quando si ama.
Compagni! Che nebbia fra di noi.
Vi distinguo male. Ma vi prometto per domani qualche lingua di fuoco, una pentecoste manicomiale.
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