Disegno di Eleonora Bossa |
La spaghettata, si sa, a
Napoli è un sacro rituale: che sia al pomodorino, ai frutti di mare
o semplicemente aglio e olio, nessun napoletano che si rispetti
rifiuterebbe mai di appizzare la forchetta!
Ed Eduardo De Filippo,
che napoletano lo era fino all’osso, non sfuggiva di certo a questa
regola. L’attore, infatti, finché visse la “Compagnia De
Filippo”, dopo ogni spettacolo era solito andare a mangiare un
boccone in trattoria con suo fratello Peppino e sua sorella Titina.
Si racconta che una sera del 1947, dopo la quotidiana
rappresentazione teatrale, Eduardo fosse così stanco da non riuscire
a trattenersi oltre l’orario di chiusura, così salutò i fratelli
e si diresse verso casa.
Ma se la stanchezza aveva
avuto il sopravvento sulla tradizionale uscita serale, non si può
dire che abbia fatto lo stesso con i movimenti dello stomaco. Giunto
a destinazione – ancora più affamato dopo la lunga camminata! -
Eduardo muore dalla voglia di mangiare un abbondante piatto di
spaghetti con le vongole. Ma, purtroppo per lui, di vongola, in casa,
non ce n’era neanche mezza: tutto ciò che offriva la dispensa
erano pomodorini, aglio e prezzemolo.
Poteva mai un genio
dell’inventiva perdersi d’animo di fronte agli stimoli della
fame?
Ovviamente no.
Acceso il fornello mise a
bollire l’acqua per gli spaghetti, prese una padella, un filo
d’olio, aglio e peperoncino, per poi lasciar scoppiettare i
pomodorini nella preparazione di un bel sughetto. Alla fine, gettata
la pasta al dente nel preparato, tagliò abbondanti dosi di
prezzemolo grossolanamente, e si lanciò nell’assaggio.
Il giorno dopo era così
soddisfatto della sua creazione che ne parlò subito con la sorella
Titina, affermando che mentre mangiava quegli spaghetti al
pomodorino* e prezzemolo le sue papille avevano sentito “il sapore
del mare” (merito dell’aroma pungente della spezia).
In breve tempo la ricetta
di Eduardo si diffuse così tanto a Napoli da diventare un pezzo
della sua storia: gli spaghetti alle vongole fujute (perché,
appunto, non ci sono) affollano ancora le tavole delle famiglie
partenopee - con grande disappunto dei pescatori, oserei dire.
*Pare che un segreto per
la perfetta riuscita di questo piatto sia l’utilizzo del pomodorino
di Corbara: piccolo, aspro e dalla caratteristica forma allungata, è
ricco di pectina e conferisce ai sughi l’aroma pungente dei frutti
di mare anche in loro assenza.
Dal sito “Storie di
Napoli” http://www.storienapoli.it/
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