Troppe volte al cinema ne abbiamo
compitato il cognome a rovescio nella vetrofanie d'un malfrequentato private. Ma la leggenda in celluloide
che gli è cresciuta addosso attraverso le barbe lunghe e gl'impermeabili di
Bogart. Powell, Mitchum e gli altri, non ha nuociuto a Philip Marlowe; anzi -
come certe illustri illustrazioni dell'Ottocento s'incorporavano naturalmente
nei testi - ha finito con l'agglutinarsi con lui, prolungandone il malinconico
pellegrinaggio, di stazione in stazione, per le città di lusso, di vizio e di
morte. Sempre solo, sempre battuto, anche quando gli avviene di vincere, sempre
offeso dal male, dall'infelicità del mondo, a cui non può opporre alla fine che
una stupida pistola e un lamentoso goodbye.
Mondadori, 1982
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