Quel che segue è il breve
capitolo conclusivo del saggio baudelairiano Del vino e dell’hascisc comparati come mezzi per la moltiplicazione
dell’individualità (1851), primo dei tre Saggi
sui paradisi artificiali che Giuseppe Montesano ha messo insieme nel
Meridiano Mondadori del 1996 (Gli altri due, connessi sotto il titolo I paradisi artificiali, sono Il poema dell’hascisc e Un mangiatore d’oppio).
Il saggio, mentre propina discutibili teorie sugli effetti dell’hascisc e del vino, con una netta scelta a favore di quest’ultimo, conforme alle tradizioni francesi, connette l’uso di entrambi allo spirito poetico presente nel genere umano. “Il gusto frenetico per tutte le sostanze, salutari o pericolose, che esaltano la sua personalità” per Baudelaire testimonierebbe della “grandezza” dell’uomo.
Il saggio, mentre propina discutibili teorie sugli effetti dell’hascisc e del vino, con una netta scelta a favore di quest’ultimo, conforme alle tradizioni francesi, connette l’uso di entrambi allo spirito poetico presente nel genere umano. “Il gusto frenetico per tutte le sostanze, salutari o pericolose, che esaltano la sua personalità” per Baudelaire testimonierebbe della “grandezza” dell’uomo.
Il capitolo finale tuttavia
ridimensiona questa affermazione. Facendosi forte del giudizio di un filosofo
contemporaneo, il poeta francese sembra, alla fin fine, condannare l’uso di
“mezzi artificiali per arrivare alla beatitudine poetica”: basterebbero “la
volontà e l’entusiasmo”.
E tuttavia, se si legge
attentamente, questa finale concessione ai moralisti viene a sua volta da
Baudelaire assai ridimensionata, giacché solo a una minoranza di privilegiati,
poeti, filosofi o profeti, sembra concesso d’accedere a un grado di coscienza e
di esistenza superiore senza “aiutini”.
E gli altri? (S.L.L.)
E gli altri? (S.L.L.)
Charles Baudelaire |
Concludo questo saggio con alcune
belle parole che non sono mie, ma di un notevole filosofo poco conosciuto,
Barbereau, esperto di teoria musicale e professore al Conservatorio. Ero vicino
a lui in una compagnia dove alcuni avevano preso il beato veleno, e lui mi
disse con un accento di indicibile disprezzo: «Non capisco perché l'uomo
razionale e spirituale si serva di mezzi artificiali per arrivare alla
beatitudine poetica, dal momento che l'entusiasmo e la volontà bastano per
innalzare a un'esistenza sovrannaturale. I grandi poeti, i filosofi, i profeti,
sono esseri che attraverso il puro e libero esercizio della volontà pervengono
ad uno stato in cui sono a un tempo causa e effetto, soggetto e oggetto,
magnetizzatore e sonnambulo».
La penso esattamente come lui.
Charles Baudelaire, Opere, Mondadori 1996
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