Isa Barzizza |
Pippo Barzizza e i suoi cantanti: Bonino, Montanari, Foresi e le Lescano |
Suo padre ha portato per primo lo swing in Italia e ha contribuito a
fame un suo linguaggio coniugando la tradizione melodica con quella jazz; è
stato, secondo lei, un precursore? E quanto questo ruolo è ancora oggi
riconosciuto?
Mio padre è certamente
riconosciuto come precursore del jazz dagli studiosi del genere. All'inizio
degli anni Venti cominciavano a circolare in Italia i primi dischi che venivano
dagli Stati Uniti e alcuni giovani musicisti furono rapiti da questa nuova
musica. A Torino, Milano, Roma e Genova, dove mio padre era nato nel 1902, si
andavano formando i primi gruppi. Armando Di Piramo, un eccellente musicista
genovese, organizzatore di orchestre e soprattutto scopritore di talenti, mise
subito gli occhi su questo giovanotto, diplomato in violino e armonia, che come
tutti i giovani che si rispettano, amava l'avanguardia. Nel 1925, a soli 23
anni, formò quindi una piccola jazz band di sette elementi il cui nome
ricordava la lontana America: Blue Star.
È vera la leggenda che suo padre e altri musicisti misero dei titoli
italiani per far passare le canzoni americane?
Non è una leggenda, è verissimo.
Papà ha suonato in radio per anni - anche se allo scoppio della guerra le norme
sul jazz divennero più severe - pezzi americani come Al the Woodchopper's Ball
che venne tradotto Al ballo del
taglialegna, Farewell Blues che
divenne Addio, Out of the Window (Alla
finestra), il celebre In the Mood
(Con stile). Venivano fatti passare con pseudonimi o con i nomi di veri autori
che avevano un cognome italiano: la Rocca per esempio o Venuti, che non hanno
mai composto quelle canzoni!
Oltre al Trio Lescano con suo padre lavorarono cantanti come Emesto
Bonino, Dea Garbaccio, Luciana Dolliver, Silvana Fioresi, Oscar Carboni,
artisti quasi completamente dimenticati. Che ricordo ha lei di loro e
soprattutto che rapporto aveva il maestro con i suoi cantanti?
Papà era una persona simpatica e
molto buona, ma sul lavoro intransigente e severa. Nonostante ciò era molto
benvoluto da tutti i suoi orchestrali e cantanti: Ernesto Bonino, Silvana
Fioresi, Natalino Otto, le Lescano, tutti frequentavano la nostra casa e
avevano un ottimo rapporto con il loro maestro. Erano persone talentuose ma la
guida di papà li ha portati al successo. Erano, come mio padre, dei veri divi
della radio, conosciuti in tutta Italia (una cosa curiosa: non potevano farsi
fotografare fuori dall'Eiar, solo all'interno!) ma allora, anche sui dischi,
c'era scritto: Orchestra Cetra diretta dal M° Pippo Barzizza e, sotto, canta il
Trio Lescano o Ernesto Bonino. Era così allora: il direttore d'orchestra era il
più importante. Io da bambina ogni tanto andavo a qualche trasmissione: dovevo
stare immobile - era tutto rigorosamente dal vivo -, zitta, morire piuttosto
che tossire... ma con un grande orgoglio di vedere mio papà, così competente,
così rispettato con quella bacchetta in mano dirigere la sua grande orchestra,
che a pensarci ancora mi commuovo!
Com'era il rapporto con Cinico Angelini?
Fu sempre molto cordiale, a
dispetto di una presunta rivalità che i giornalisti di allora crearono, sullo
stesso tema della rivalità fra Coppi e Bartali. Questa è una cosa che può far
capire la grande popolarità che avevano sia papà che Angelini.
Ricorda se suo padre ha fatto
anche programmi televisivi e soprattutto come visse gli anni della maturità?
No. Papà ebbe un bruttissimo infarto nel 1960 e allora i medici prescrivevano un riposo quasi totale. Si ritirò a Sanremo, nella sua bella casa e con la sua amatissima moglie. Fece ancora il commento musicale per qualche film, ma - si sa - se non stai sulla breccia... Comunque continuò fino all'ultimo giorno a stare al suo adorato pianoforte, insegnando musica a tanti giovani, con lo studio pieno degli apparecchi più all'avanguardia nell'ambito della registrazione, strumenti elettronici e via dicendo. Era un uomo felice, non ha mai rimpianto neanche per un momento il grande successo che ebbe: non era avido di soldi e ha potuto fare per rutta la vita ciò che più amava: la musica. Anche nei suoi ultimi giorni (se ne è andato a 92 anni), a letto, ormai semicosciente, muoveva le braccia dirigendo un’orchestra immaginaria, ma che lui certamente sentiva.
No. Papà ebbe un bruttissimo infarto nel 1960 e allora i medici prescrivevano un riposo quasi totale. Si ritirò a Sanremo, nella sua bella casa e con la sua amatissima moglie. Fece ancora il commento musicale per qualche film, ma - si sa - se non stai sulla breccia... Comunque continuò fino all'ultimo giorno a stare al suo adorato pianoforte, insegnando musica a tanti giovani, con lo studio pieno degli apparecchi più all'avanguardia nell'ambito della registrazione, strumenti elettronici e via dicendo. Era un uomo felice, non ha mai rimpianto neanche per un momento il grande successo che ebbe: non era avido di soldi e ha potuto fare per rutta la vita ciò che più amava: la musica. Anche nei suoi ultimi giorni (se ne è andato a 92 anni), a letto, ormai semicosciente, muoveva le braccia dirigendo un’orchestra immaginaria, ma che lui certamente sentiva.
“alias - il manifesto”, 12 febbraio 2011
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