«Nell’Europa del Quattrocento» –
scriveva Gregory Bateson – «cattolici e protestanti si mandavano al rogo, o
preferivano andare al rogo, piuttosto che scendere a compromessi sulla natura
del pane e del vino che si usano nella messa. Le affermazioni per cui si
bruciavano a vicenda erano, da una parte: “il pane è il corpo” e, dall’altra: “il pane rappresenta il corpo”» (Bateson 1997).
E spiegava: mentre nella sfera
della coscienza (nella parte «calcolante della nostra mente») siamo in grado di
distinguere perfettamente fra una cosa reale e il simbolo che sta per quella
cosa, nella sfera dell’inconscio (la parte della mente che «sogna») queste
distinzioni non possiamo tracciarle. Nell’inconscio non c’è differenza fra le
cose e i loro simboli. Non c’è differenza fra è e rappresenta. Identificare il simbolo con la realtà che rappresenta
e comportarsi come se fossero la stessa cosa è in genere un errore
epistemologico grave e spesso pericoloso. La mappa non è il territorio. Il menù
di un ristorante raffinato può farti venire l’acquolina in bocca, ma non sazia
la tua fame. L’inno nazionale può far battere più o meno il cuore a un
individuo (a seconda del contesto), ma non va confuso con le città, i fiumi e le
strade del paese, né con l’insieme dei suoi cittadini.
da Verità e relatività, in “L’ospite ingrato” Nuova serie 1, Quodlibet
2011
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