"Quando sulla terra il numero degli
obesi supera come ora quello degli affamati, che pure sono un miliardo di
persone, il centro del problema non è produrre di più, ma ridiscutere il
sistema che ha portato a questa situazione", ha detto a Milano l’economista indiano
Raj Patel intervenendo all’incontro Da
Cancún all’Expo: il valore delle cose tra clima, cibo e territori,
organizzato dall’associazione Ya Basta! Patel, studioso delle politiche
alimentari mondiali e relatore sul diritto al cibo per le Nazioni unite, nei
suoi libri mette a nudo dogmi del dio mercato svelandone iniquità e ferocia. Il valore delle cose (Feltrinelli), si snoda fra economia e storia, psicologia
sociale e antropologia e mostra la potenza del dono, degli affetti e della gratuità
come antidoto al tutto-merce che non dà nulla per nulla. Negli Stati uniti –
ricorda Patel – “la forbice tra ricchi e poveri è sempre più larga: tra il 1979
e il 2005, il reddito netto dell’1 per cento più ricco della popolazione è cresciuto
di quasi il 200 per cento, mentre quello del 20 per cento più povero è salito
di appena il 6 per cento. La ricchezza si concentra sempre più nelle mani di
pochi”. Quella di governare il mondo in base alla ricetta neoliberista – dice –
è un’illusione del capitalismo.
Patel che prima di diventare un
attivista ha lavorato per il Fondo monetario internazionale, analizza con
cognizione di causa le politiche della Banca mondiale e dell’Fmi: hanno
favorito – dice – la grande proprietà, portando i piccoli contadini ad
affollare le megalopoli, o al suicidio. Quando si acquista una banana, alla
fine della catena di importazione, trasporto, ricavo della compagnia che
controlla la piantagione, al contadino che l’ha prodotta spetta una miseria:
meno del 3%. Invece, negli Usa “i consumatori finanziano la vendita di
hamburger a basso costo con le imposte versate all’erario. La carne degli
hamburger McDonald’s proviene da animali ingrassati a mais, la coltura con i sussidi
più massicci”. Quella proposta da Patel, è l’idea di una proprietà “più
malleabile” e condivisa, da contrapporre alle illusioni del mercato neoliberista
per trascenderne i limiti che impone e “stabilire i confini della gestione
collettiva delle risorse”.
"scritto e mangiato", supplemento al "manifesto", dicembre 2010
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