Il giansenismo è uno di quei casi
nella storia della cultura in cui l’opera e soprattutto i personaggi che da
questa vengono toccati sono più conosciuti dell’autore. Ancora oggi gli studi sul
giansenismo e in particolare sul luogo in cui la dottrina giansenista costituì il
suo centro spirituale, Port-Royal, e su una delle figure più importanti che
ebbe relazioni con quel luogo, Blaise Pascal (1623-1662), sono di gran lunga
maggiori rispetto a quelli sul padre del giansenismo, il teologo olandese
Cornelis Jansen (1585-1638).
La sua opera più importante, e
cioè l’Augustinus, fu pubblicata nel
1640, poco dopo la morte per peste dell’autore, e subito anch’essa condannata dalla
chiesa cattolica. A parte l’Augustinus,
monumentale meditazione sul pensiero di Sant’Agostino e in particolare sulla
questione affrontata dal padre della chiesa riguardo la dottrina eretica di
Pelagio e le connesse questioni della grazia, del libero arbitrio e della
predestinazione, Giansenio è autore di altri scritti che insieme alle lettere e
alle lezioni tenute all’università di Lovanio furono in gran parte responsabili
della prima ricezione del suo pensiero, tradotto dal latino al francese e
diffuso da intellettuali come Saint-Cyran, Arnauld e d’Andilly.
Quest’ultimo è l’autore della
versione francese del Discorso sulla
riforma dell’uomo interiore (Aragno) testo che Giansenio aveva scritto per la
riforma di un monastero benedettino e sul quale hameditato, fra gli altri, anche
il critico letterario francese Sainte-Beuve nel suo famoso libro Port-Royal (appena ri-tradotto da
Einaudi nei «Millenni»). Sainte-Beuve, ripreso anche a mo’ di introduzione nel
libro Aragno, racconta l’episodio della vita di Pascal nel quale il padre del
filosofo è visitato da due medici in seguito a una caduta che gli aveva causato
la frattura di una gamba. I due, imbevuti di cultura scientifica ma anche di
giansenismo, hanno modo di prendersi cura pure del figlio, sempre più afflitto dai
molti mali che lo accompagneranno con sempre maggiore intensità fino alla
morte. L’episodio menzionato da Sainte-Beuve è ripreso anche da Rossellini nel
suo film per la televisionedell’inizio degli anni settanta, Pascal, nel quale si vedono i due medici
consegnare alla sorella di Pascal un fascio di fogli scritti che lei fa
scivolare segretamente sotto il cuscino del letto del fratello. È questo
appunto il testo della versione francese del Discorso sulla riforma dell’uomo interiore la cui influenza sul
filosofo sarà decisiva per il suo percorso spirituale e per la sua opera
scientifica e di pensiero.
Il Discorso affronta le tre principali «passioni» che impediscono al
cristiano il controllo di sé: la concupiscenza della carne, la curiosità di
sapere e, in crescendo, l’orgoglio. Giansenio scrive che «Dio ha preferito
rifare il vaso che era caduto dalle sue mani, e ridargli la prima forma che gli
aveva impresso». In altre parole, per il teologo, l’uomo deve essere creato due
volte, un po’ come anche Pascal si converte due volte. Ciò vuol dire che anche
la caduta raddoppia. La seconda, quella più pericolosa, è quella che ci
minaccia quando, avendo vinto la tentazione della carne e la curiosità di
sapere e fatto progressi nel controllo di noi stessi, crediamo di aver
raggiunto la meta per nostro merito. Questa situazione psicologica è per
Giansenio, però, la via del trionfo dell’orgoglio, dell’amore di sé: il più
diabolico dei tre pericoli per la perdizione dell’animo umano. È soprattutto
per questo motivo, per vincere la seconda caduta, che il dono e cioè la grazia
hanno per Giansenio un ruolo fondamentale. Considerare grazia ciò che si è
tentati di considerare merito salva dal rischio
del diventare pieni di sé cioè
dalla tentazione di mettersi al posto di Dio come ha fatto il diavolo. È
proprio in questa dimensione psicologica che va colta la specificità della
dottrina della grazia che salva in Giansenio. Specificità che marca la
differenza dalle altre concezioni della grazia, come ad esempio quella di un
altro interprete di Sant’Agostino come Lutero.
Al di là della implicata
questione del libero arbitrio, è tale aspetto delle passioni dell’animo in
relazione alla grazia di Giansenio che interessa a Pascal. Per il filosofo,
come già per il teologo, non sono tanto la conoscenza e la scienza in stesse a
dover essere considerate negativamente, ma l’effetto psicologico e spirituale
che esse producono e cioè quello di generare quell’amore di noi stessi che ci
fa mettere in secondo piano, fino a ignorare, Dio. Credere, per Pascal, per
l’uomo di cultura e lo scienziato, è soprattutto non credere all’illusione
della considerazione di sé che si genera nella ricerca scientifica, nella
speculazione filosofica, nella creazione artistica. Di qui il paradosso per cui
proprio chi potrebbe essere più vicino a Dio grazie alla scienza, alla
filosofia, all’arte può invece allontanarsene per sempre.
Alla tara psicologica che si
produce nel processo della conoscenza e che può rendere ciechi verso Dio sono rivolte
le parole urlate che Pascal pone in esergo all’incompiuta opera apologetica del
cristianesimo che conosciamo sotto il titolo di Pensieri. La grazia, l’iper-dono di Dio all’uomo irreparabilmente incline
al peccato dopo la caduta dei suoi progenitori, è una seconda creazione: quella
psicologica che rende cosciente l’uomo stesso di vigilare costantemente sulle proprie
passioni, specie quando queste sembrano innocue come la curiosità o addirittura
positive come il controllo di sé. La seconda creazione operata dalla grazia
agisce come un esercizio spirituale permanente che può farsi carico anche di
decisioni prese con criteri pragmatici – come è in un certo modo pragmatica la
scommessa con la quale Pascal indica di puntare su Dio. In tale work in progress senza fine, sempre
sospettoso di giungere a un risultato che appaia definitivo, è essenziale
sentirsi costantemente in debito rispetto agli obiettivi spirituali che si
vogliono raggiungere. In tale disciplina dell’indebitamento, va visto uno degli
aspetti più attuali dello scritto di Giansenio.
In tale sentirsi in debito come
più efficace disciplinamento degli uomini, da Weber a Foucault, fino ad Agamben
e oltre, si è visto un elemento fondamentale del paradigma che sta dietro il
funzionamento della sempre crescente dimensione bio-politica delle nostre
società, nonché dei dispositivi più potenti della finanziarizzazione dell’economia
capitalistica odierna come ha mostrato di recente il libro di Elettra Stimilli,
Il debito delvivente. Ascesi e
capitalismo (Quodlibet, 2011). La disciplina spirituale di Agostino
elaborata da Giansenio e che Pascal vuol far propria è una disciplina dell’indebitamento
nella quale bisogna evitare di credere di essere padroni di un capitale e,
ancora di più, di vantare un credito spirituale perché proprio qui si annida la
possibilità di perdere tutto. Nella scommessa di Pascal, il poco della vita
mondana che si rischia è niente rispetto al possibile guadagno del tutto della
vita eterna. Come insegna questo scritto di Giansenio e come confermano le
vicende dell’economia odierna, il male e il rimedio al male si intrecciano, si rendono
reciprocamente necessari, si avvolgono come un congegno barocco, e diventa
difficile discernere attraverso i soli mezzi della conoscenza astratta il punto
in cui la cura e la malattia si separano o almeno si tengono temporaneamente a
distanza.
“alias talpa – il manifesto”, 10
giugno 2012
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