Ai raggi primaverili,
le nevi già dalle montagne
sono scese in torbidi rivi
sulle allagate campagne.
Al mattino dell'anno pura
sorride incontro la natura;
s'inazzurrano i cieli splendenti.
Quasi di piume, trasparenti
inverdiscono i boschi. L'ape
dalla sua colletta di cera
vola, al dono dei campi anela.
Per valli asciutte e variegate
mugghiano martore; e l'usignolo
nelle notti canta il suo assolo.
(...)
E tu, o benigno lettore,
nel tuo calesse verniciato,
della città lascia il clamore,
dove l'inverno ti ha spassato;
con la mia Musa vieni a sentire
anche tu i boschi stormire,
sul fiumicello che non dico,
dove il mio Eugenio da romito
nullafacente e un po' infelice
passato ha un inverno in campagna
negli stessi paraggi di Tanja,
la mia cara sognatrice,
e dove da che se n'è andato
un'orma triste egli ha lasciato.
Eugenio Onieghin, VII,
strofe 1 e 5 - traduzione di Giovanni Giudici, Garzanti 1984
Nessun commento:
Posta un commento