Attraverso la rete (ma non solo) è
circolata la missiva che segue, diretta da insegnanti al Presidente
della Repubblica per chiedere udienza e sollecitare un intervento
sulla cosiddetta Riforma scolastica che il governo ha presentato ed
è in corso di discussione in Parlamento. La petizione, sostenuta da
una pagina fb, intitolata “La vera scuola – Gessetti rotti” è
stata diffusa a fine marzo tramite “Change”, ha raccolto (oltre
alla sottoscrizione di associazioni e gruppi variamente
rappresentativi) 68 mila firme individuali ed è stata consegnata al
capo dello stato il 24 aprile. “Posterò” notizie sulla
risposta. (S.L.L.)
Ill.mo Presidente della Repubblica
On. Sergio Mattarella
Palazzo del Quirinale
00187 Roma
Signor Presidente,
siamo docenti di ruolo e docenti
precari della Scuola Pubblica Italiana, membri di diversi gruppi fra
loro collegati (non solo in rete), che in questi giorni vivono uno
stato d’animo tormentato a causa del Disegno di Legge di Riforma
Scolastica che sta per essere esaminato alla Camera dei Deputati.
Ci appelliamo a Lei e al Suo ruolo di
Garante della Costituzione affinché siano messi in luce gli evidenti
profili di incostituzionalità di quella proposta, che andrebbero a
ledere in maniera definitiva e drastica la Scuola della Repubblica.
Il nostro è un urlo accorato, “dal
basso”, di professionisti e lavoratori che prefigurano uno scenario
clientelare, privatizzante, aziendalistico dell’Istituzione che
rappresentiamo.
Consapevoli della Sua attenzione per
una materia così delicata e vitale per il nostro Paese, ci
permettiamo dunque di segnalarLe alcuni dei punti più critici.
Conferire al Dirigente Scolastico il
potere di scelta dei docenti, istituendo albi regionali che di fatto
li precarizzano, violerebbe non solo i diritti acquisiti di quei
docenti, ma anche l’art. 33 Cost., secondo il quale “L’arte e
la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. La libertà
d’insegnamento, infatti, implica un’autonomia didattica e
metodologica che non potrebbe essere più garantita nel momento in
cui, come pretende la Riforma, si aumentasse la discrezionalità del
Dirigente Scolastico fino al punto di consentirgli la selezione della
sua “squadra”, scegliendo un docente rispetto a un altro in base
a criteri meramente soggettivi.
Con ciò verrebbero meno i presupposti
minimi di oggettività e di merito su cui dovrebbe essere improntata
l’azione del pubblico impiego, specie in un settore così delicato,
come quello dell’istruzione, preposto alla formazione delle persone
e dei cittadini.
Verrebbero meno, inoltre, i principi di
imparzialità e di buon andamento della Pubblica Amministrazione,
come sancito dall’art. 97 Cost. Il che non significa assenza di
orientamento, perché non è preclusa ai funzionari pubblici la
possibilità di esprimere valutazioni discrezionali, ma ciò deve
avvenire nella piena osservanza della legge e senza discriminare i
soggetti coinvolti.
Il principio di imparzialità, del
resto, non si applica solo all’attività della P.A. (divieto di
discriminazione), ma anche alla sua organizzazione: i concorsi
pubblici, infatti, servono proprio ad evitare il formarsi di una
burocrazia che miri a scopi personali anziché all’interesse
generale.
Come vede, si tratta di principi
essenziali, di democrazia e trasparenza, che con l’approvazione del
DdL non sarebbero più garantiti.
Signor Presidente, la scuola non è
un’azienda e, per la sua stessa natura di “comunità”,
necessita di una gestione partecipativa e non verticistica.
Quando si parla di maggiori poteri dei
Dirigenti Scolastici, ci si dimentica che costoro sono a capo di
un’istituzione che eroga un servizio educativo, formativo, civico.
Nei comunicati governativi leggiamo: “I
dirigenti scolastici diventano leader educativi con strumenti e
personale adeguati per il miglioramento dell’offerta formativa”.
Si parla di un preside-sindaco, che avrà facoltà di scegliersi lo
staff, nominare i docenti mentori, presiedere il nucleo di
valutazione, gestire con chiamata diretta l’organico. Ma a chi
risponderanno del loro operato? Chi vigilerà sui possibili abusi? E,
soprattutto, a chi gioverà una tale concentrazione di poteri?
Si ha l’impressione che tutto questo
finirà per minare la collaborazione all’interno del corpo docente,
tratto essenziale per la buona riuscita del rapporto
apprendimento-insegnamento. E viene da chiedersi che senso ha avuto,
nei mesi scorsi, espletare una consultazione con i cittadini, con i
docenti e con i dirigenti, se poi di quelle risposte e di quelle
proposte non è stato comunicato alcunché. È questo il livello di
serietà e di trasparenza che ispira chi ha redatto quel Disegno di
Legge?
Signor Presidente, Le chiediamo di dare
voce alle nostre voci, di lasciare che i lavoratori della Scuola si
esprimano.
La preghiamo pertanto di concederci
un’udienza per precisare le nostre ragioni. Alleghiamo alla
presente un foglio di firme puramente indicativo e incompleto. E’
circolato solo pochi giorni perché, visto l’imminente avvio
dell’iter parlamentare del DdL, ci premeva informarLa
tempestivamente dei gravi pericoli che Le abbiamo rappresentato.
Certi della Sua comprensione e in
attesa di una Sua cortese risposta, Le auguriamo buon lavoro e Le
porgiamo un distinto saluto.
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