La vera poesia è simile a certi
quadri di cui si ignora il proprietario e che solo qualche iniziato
conosce. Comunque la poesia non vive solo nei libri e nelle antologie
scolastiche. Il poeta ignora e spesso ignorerà sempre il suo vero
destinatario. Faccio un piccolo esempio personale. Negli archivi dei
giornali italiani si trovano necrologi di uomini tuttora viventi e
operanti. Si chiamano coccodrilli. Pochi anni fa al Corriere della
Sera io scopersi il mio coccodrillo firmato da Taulero Zulberti,
critico, traduttore e poliglotta. Egli affermava che il grande poeta
Majakovskij avendo letto una o più mie poesie tradotte in lingua
russa avrebbe detto: “Ecco un poeta che mi piace. Vorrei poterlo
leggere in italiano”. L’episodio non è inverosimile. I miei
primi versi cominciarono a circolare nel 1925 e Majakovskij (che
viaggiò anche in America e altrove) morì suicida nel 1930.
Majakovskij era un poeta al pantografo, al megafono. Se ha
pronunziate tali parole posso dire che quelle mie poesie avevano
trovato, per vie distorte e imprevedibili, il loro destinatario.
Dal discorso tenuto
all’Accademia di Svezia per il conferimento del premio Nobel
12 dicembre 1975.
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