In occasione della
pubblicazione per Rizzoli della Storia dell'Inquisizione spagnola
di Bartolomé Bennassar “la Repubblica” pubblicò come
anticipazione le pagine conclusive del saggio, che qui riprendo.
(S.L.L.)
L'Inquisizione non aveva
il compito, come i tribunali civili, di tutelare le persone e i beni
dalle molteplici aggressioni che essi potevano subire. Fu creata per
impedire una credenza e un culto; col tempo, essa perseguitò altre
credenze ed altri culti. Imprigionò, spogliò, rovinò, disonorò
migliaia di uomini e di donne perché le loro credenze e i loro riti
non erano conformi al solo modello riconosciuto dalla società
cristiana occidentale e di cui il Concilio di Trento, alla metà del
secolo XVI, aveva dato una definizione completa e precisa. Per
estensione, l'Inquisizione perseguitò e punì i comportamenti che
sembravano mettere in causa, direttamente o indirettamente, i dogmi e
la disciplina della Chiesa romana, si trattasse di parole, di gesti o
di comportamenti sessuali che infrangevano le regole del celibato
ecclesiastico o del matrimonio cristiano.
Beninteso, l'Inquisizione
spagnola non è figlia di padre ignoto. Essa è l'espressione di una
società. I dogmi e la morale che difendeva erano propri di altri
paesi dell'Occidente cristiano dove non vi furono Inquisizioni, anche
se è vero che questi paesi conobbero violente persecuzioni
religiose, condanne a morte per credenze religiose eterodosse, per
stregoneria o per omosessualità.
Non a caso l'Inquisizione
spagnola ha condannato al rogo alcune migliaia di giudeizzanti e
qualche centinaio di musulmani. Le altre categorie hanno pagato un
tributo molto più basso alla morte legale, benché i condannati a
morte per peccati «abominevoli» di sodomia e di bestialità dai tre
tribunali di Aragona (Barcellona, Saragozza e Valentia) devono aver
superato il centinaio, e forse anche i condannati per stregoneria,
dato il rigore dei primi anni del Cinquecento. Ma questo non è
certo.
Così l'Inquisizione fu
dapprima l'espressione dell'ostilità dei Vecchi Cristiani contro i
giudeizzanti e i musulmani, che suscitavano la gelosia per le loro
ricchezze e il loro impegno. Non è una semplice coincidenza se i
famigli della prima generazione sono stati reclutati fra le classi
popolari urbane dove più forte era l'antisemitismo. I Re Cattolici
si sono serviti di questa ostilità come di un'arma politica. Ciò è
comprensibile nel caso di Ferdinando d'Aragona ansioso di limitare i
fueros. E' più difficile capire nel caso di Isabella, perché
i conversos facevano parte delle classi dirigenti castigliane.
Ma Isabella subiva l'influenza dei monaci la cui profonda solidarietà
col popolo Vecchio Cristiano è indubbia.
Quando ebbe creato,
costituito, organizzato, quando i conversos spagnoli furono
eliminati o assimilati, quando i moriscos furono posti sotto
sorveglianza, l'Inquisizione si dedicò ai Vecchi Cristiani per
plasmarli secondo gli ideali definiti e le regole dettate dal
Concilio di Trento, come confermano in particolare le nuovissime
ricerche di Jean-Pierre Dedieu. Incominciò con la caccia ai libri,
agli ecclesiastici audaci, agli studenti vagabondi, così numerosi
nell'Europa rinascimentale. Contemporaneamente offrì alla monarchia
un popolo omogeneo, con credenze e riflessi concordi, facile
strumento contro l'eretico che si identificava spesso con lo
straniero. Essa assunse, in caso di necessità, il ruolo di una
polizia politica abile nel seguire e nell'interpretare le dicerie,
nello scoprire le spie.
Tuttavia, l'Inquisizione
non ha saputo assicurare alla Spagna l'unità spirituale, questo è
molto evidente oggi. Invece, con la sua presenza e la sua
perseveranza, con la paura che ispirava, ha fatto della Spagna e per
lungo tempo il regno della conformità. Intendo dire della conformità
politica e intellettuale. Eliminando i giudeizzanti, braccando i
conversos, l'Inquisizione ha soffocato una borghesia spagnola
creatrice di idee e di ricchezze, di cui gli ebrei erano il lievito:
medici, finanzieri, scienziati, come ha dimostrato recentemente
Ricardo Garcìa Carcel nel caso di Valentia. Ha inaridito le sorgenti
vitali della ricerca e della speculazione teorica, del che la
teologia ha sofferto tanto quanto le altre attività spirituali, al
punto che la Spagna, ardente focolaio di teologi nel Cinquecento, non
ne generò quasi più nel Seicento. Ha creato una diffidenza verso il
libro di cui gli illuministi constateranno gli effetti negativi nel
Settecento, e che perdurerà quasi fino ai giorni nostri. Ha
sostituito la riflessione, la meditazione religiosa con
l'affermazione.
I difensori
dell'Inquisizione credono di avere una risposta. Se l'Inquisizione ha
esercitato questa funzione, ha soffocato la vita spirituale, come
spiegare il siglo de oro spagnolo? Perché e pur vero che il
massimo splendore della letteratura, del teatro, della pittura e
della scultura spagnoli coincidono col massimo potere
dell'Inquisizione. Mateo Alemàn, Cervantes, Lope de Vega, Quevedo,
Gongòra, Calderon de la Barca, Tirso de Molina, Alonso Berruguete,
Miguel Montanés, El Greco, Velàsquez, Zurbaràn, e qualche altro
sono contemporanei del periodo d'oro del Tribunale e, se non di
Torquemada, di Fernando de Valdés o di Antonio Zapata de Mendoza.
Questo è incontestabile.
Ma vale la pena di soffermarsi un momento sulla natura delle
creazioni del siglo de oro spagnolo. Dopo il 1560-1580, cioè a
partire dal periodo in cui l'Inquisizione rivolge la sua vigilante
attenzione ai Vecchi Cristiani, queste creazioni sono di natura
estetica: mirano alla bellezza formale della scrittura, come nel caso
di Gongòra, o alla bellezza plastica. Esse esaltano spesso gli
ideali della Controriforma, anche se sono opere di autori di origine
conversa. Le opere più profonde, quelle di Cervantes o di Calderon,
anche se esprimono un «sentimento tragico della vita» non rimettono
in discussione, almeno esplicitamente, 1'ordine del mondo. Al
contrario, la Spagna, benché nel Medioevo avesse avuto un ruolo di
grande rilievo culturale grazie ai suoi contatti con l'Oriente
musulmano depositario del pensiero antico e a sua volta creatore, e
assente o quasi dal grande movimento scientifico e filosofie» del
secolo XVII, in cui si rinnovano le strutture del pensiero, come sarà
quasi assente dalle «applicazioni» del secolo XVIII. Pensare è
diventato pericoloso e migliaia di spagnoli l'hanno imparato a
proprie spese.
Il peccato contro lo
spirito non si limita a questo soffocamento della riflessione
creatrice. E' anche di natura religiosa. La Chiesa cattolica del
Rinascimento, poi il Concilio di Trento hanno affermato contro Lutero
il libero arbitrio dell'uomo, la maggiore libertà dell'uomo, quella
di salvarsi o di perdersi, per l'eternità. L'Inquisizione, imponendo
un unico modello di fede, sottoponendo ogni individuo alla
sorveglianza permanente di un'opinione pubblica condizionata, ha
distrutto le possibilità autentiche di esercitare il libero
arbitrio, ha fatto morire in Spagna l'idea stessa della libertà
religiosa.
Non so quale sia
l'opinione intima dei miei collaboratori. Non ho voluto nemmeno
conoscerla. Per me che non ho più il tempo per pesare le persone o
le idee, e che voglio credere all'esistenza di un Dio personale,
riconosciuto nella libertà, la storia dell'Inquisizione spagnola è
l'illustrazione affascinante del dramma che minaccia gli uomini ogni
volta che si stabilisce un legame organico fra Stato e Chiesa.
Inutile dire che il termine Chiesa dev'essere inteso in senso ampio e
che può facilmente essere sostituito con quello di ideologia. La
coincidenza esatta fra lo Stato e un'ideologia unica, sia essa
proclamata apertamente, incarnata in un partito, o sottilmente
emanata dai mass-me-dia, sia essa di natura religiosa, «scientifica»
o economica, è questo il vecchio sogno, sempre incombente, di
Leviatano.
"la Repubblica", 3 dicembre 1980
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