L'emendamento di cui Salvatore Settis ragiona, a quanto pare, è stato ritirato. Non è improbabile tuttavia che questi o quegli altri ci riprovino. Non sbaglia, secondo me, "Il Fatto" nel pubblicare ugualmente l'intervento dell'illustre studioso e anch'io lo "posto" qui, a futura memoria. (S.L.L.)
Pare
una storia alla Houellebecq: in una capitale europea, il ministero
della Difesa vuole cedere a un emiro del Golfo Persico la sede dello
Stato Maggiore. Ma è quanto sta accadendo, e questa capitale è
Roma. Un emendamento al bilancio di previsione dello Stato per il
2018, proposto dal ministero della Difesa l’11 dicembre (e ritirato
ieri sera), prevede la cessione di beni immobili dello Stato, anche
appartenenti al Demanio, a Stati esteri, con conseguente
sdemanializzazione del bene venduto. “I proventi della cessione che
si concluderanno entro il 31 marzo 2018 sono riassegnati allo stato
di previsione del ministero interessato per le esigenze di
funzionamento e di investimento”. Dietro l’apparente neutralità
di questo linguaggio, si cela un abisso: la negazione di un carattere
essenziale delle proprietà demaniali, la totale inalienabilità.
Ma
perché questo pubblico suicidio dello Stato? Il linguaggio
generalizzante della legge (che deve comunque riferirsi a caserme o
altri immobili di competenza della Difesa) cela un caso concreto
assai particolare, anzi urgente dato che si allude a una trattativa
da concludersi entro marzo 2018. Dato che lo Stato Maggiore si
sposterà nella nuova sede di Centocelle, uno Stato del Golfo Persico
(a quel che pare, il Qatar) avrebbe offerto di acquistare la sede di
Via XX Settembre (per intenderci: a un passo dal Quirinale) per
destinarla alla propria Ambasciata. E, con una sottomissione degna di
miglior causa, la Difesa propone una norma che possa servire da
foglia di fico di questa operazione. Il ministero, lo dice
l’emendamento, ha evidentemente bisogno di introiti per non meglio
specificate “esigenze di funzionamento e di investimento”.
La
relazione illustrativa prevede che la norma, se approvata, si estenda
a tutti gli edifici pubblici, anche a immobili del demanio culturale:
la procedura di cessione agli Stati esteri prevede un decreto del
Presidente del Consiglio su proposta del ministro degli Esteri e del
ministro di volta in volta interessato (oggi la Difesa, domani le
Infrastrutture o la Giustizia), con l’intesa del ministro dei Beni
Culturali. Tutti i ministeri sono invitati da ora in poi, se hanno
esigenze di bilancio, a mendicare all’estero. Impallidisce, al
confronto, il fallimentare programma di cartolarizzazioni e
dismissioni avviato da Tremonti e Berlusconi nel generale ludibrio. E
si inaugura, se questa norma passerà, la stagione di una grande
svendita dello Stato ai petrodollari. Complimenti al ministro della
Difesa, che sta provando a pugnalare alle spalle il Demanio e lo
Stato. Sarà per celebrare degnamente il centenario di Caporetto?
Il
Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2017
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