7.4.12

1832. L'autodifesa di Blanqui.

Louis-Auguste Blanqui (Nizza1805 – Parigi 1881) è tra i socialisti francesi del primo Ottocento uno tra quelli che meglio esprime gli elementi di continuità tra il giacobinismo radicale della Rivoluzione e il movimento operaio rivoluzionario. Marx lo riteneva il più autorevole dirigente operaio del XIX secolo, anche se non mancò di criticarne le concezioni settarie e militariste. Un momento importante della sua lunga e complessa biografia è il 1832. Arrestato per complotto contro la sicurezza dello Stato a causa di un combattivo proclama stilato a nome del Comité des écoles, nel 1832 davanti alla Corte d’assise pronunzia la famosa Défense, il suo primo grande discorso pubblico di cui qui riprendo una parte. La traduzione è quella del libretto Autodifesa di un rivoluzionario, pubblicato nel 1995 dal “manifesto” e dalla “manifestolibri”, con introduzione di Oreste Scalzone. (S.L.L.)
Louis-Auguste Blanqui
Louis Auguste Blanqui prende la parola e si esprime in questi termini:
Signori giurati,
io sono accusato d’aver detto a trenta milioni di francesi, proletari come me, che avevano diritto di vivere. Se si tratta di un delitto, mi sembra che, almeno, non dovrei risponderne se non a uomini che non fossero insieme giudici e parti in causa.
Ora, signori, notate bene che il pubblico ministero non s’è affatto rivolto al vostro spirito di equità e alla vostra ragione, ma alle vostre passioni e ai vostri interessi; non invoca il vostro rigore riferendosi a un atto contrario alla morale e alle leggi: non vuole che scatenare la vostra vendetta contro ciò ch’egli descrive come una minaccia per la vostra esistenza e le vostre proprietà. Non mi trovo dunque dinanzi a giudici, ma a nemici: sarebbe dunque del tutto inutile difendermi. E anche sono rassegnato a ogni pena che potrà colpirmi, ma tuttavia protesto con energia contro questa sostituzione della violenza alla giustizia e, per l’avvenire, m’impegno di cercare di restituire forza al diritto.
Nondimeno, se è mio dovere di proletario, privato di tutti i suoi diritti civili, di respingere quale illegittima la competenza di un tribunale, dove non siedono che dei privilegiati, che non sono affatto miei pari, io son convinto che il vostro spirito sia tanto elevato da svolgere dignitosamente il ruolo che l’onore vi impone in una circostanza, in cui in un modo o nell’altro vi si immolano avversari disarmati. Per ciò che ci riguarda, seguiamo una via già prestabilita: soltanto il ruolo di accusatore conviene agli oppressi.
Infatti, non si può pensare che individui, investiti con sorpresa e con frode del potere di un giorno, a loro piacere saranno in grado di trascinare i patrioti davanti alla loro giustizia e, mostrandoci la spada, di costringerci a invocare misericordia per il nostro patriottismo. Non crediate che noi veniamo qui per giustificare i delitti di cui ci incolpate! Anzi siamo onorati dell’imputazione e, da questo banco stesso di criminali, dove ci si deve considerare onorati di sedere oggi, leveremo le nostre accuse contro gli sciagurati che hanno rovinato e disonorato la Francia, in attesa che sia ristabilito l’ordine naturale nelle funzioni per cui sono costruiti i banchi opposti di questa sala, e che accusatori e accusati siano posti nelle loro posizioni reali. Quanto dirò, darà una spiegazione sul perché abbiamo scritto le frasi denunciate dai servitori del re, e perché ne scriveremo ancora.
Il pubblico ministero, per così dire, ha mostrato in prospettiva alla vostra immaginazione una rivolta degli schiavi, allo scopo di eccitare con la paura il vostro odio: «Vedete, – ha detto, – è la guerra dei poveri contro i ricchi: tutti coloro che possiedono hanno interesse a respingere l’invasione. Noi vi presentiamo i vostri nemici: colpiteli prima che essi non divengano più temibili».
Sì, signori, è la guerra tra i ricchi e i poveri: i ricchi l’hanno voluta così: infatti, sono gli aggressori. Soltanto, essi ritengono azione nefasta il fatto che i poveri oppongano resistenza; direbbero volentieri, parlando del popolo: «Questo animale è tanto feroce da difendersi, quando viene attaccato». L’intera filippica del sostituto procuratore generale può essere riassunta in questa frase.
Continuamente si denunciano i proletari quali ladri pronti a gettarsi sulla proprietà: perché? Perché si lamentano di essere schiacciati da imposte a profitto dei privilegiati. Per ciò che riguarda i privilegiati, che vivono con magnificenza del sudore del proletario, costoro sono dei possessori legittimi, minacciati di saccheggio da una plebaglia rapace. Non è la prima volta che i carnefici si danno arie da vittime. Chi sono dunque questi ladri degni di così grandi anatemi e supplizi? Trenta milioni di francesi, che pagano al fisco un miliardo e mezzo, una somma press’a poco uguale a quella dei privilegiati. E i possessori, che la società intera deve proteggere con la sua potenza, sono due o trecentomila oziosi, che divorano tranquillamente i miliardi pagati dai ladri. Mi par proprio che si tratti, in una forma nuova e fra avversari diversi, della guerra dei baroni feudali contro i mercanti, i quali venivano derubati dai primi lungo le grandi arterie di comunicazione.
In effetti, il governo attuale non ha altra base se non questa iniqua divisione dei carichi e dei benefici. La restaurazione l’ha costituito nel 1814, col consenso delle forze estere, allo scopo di arricchire un’infima minoranza colle spoglie della nazione. Centomila borghesi formano quanto viene definito, con amara ironia, l’elemento democratico. Che ne sarà, Dio santo!, degli altri elementi? […]
I meccanismi di questa macchina, collegati in un modo meraviglioso, raggiungono il povero in ogni momento della giornata, lo perseguitano nelle minime necessità della sua umile vita, si associano ad ogni suo più piccolo guadagno, al suo più miserabile godimento. E non è più sufficiente il mucchio d’argento che passa dalle tasche del proletario a quelle del ricco, attraverso gli abissi del fisco; somme ancora più cospicue sono riscosse dai privilegiati direttamente sulle masse, per mezzo delle leggi che reggono le transazioni industriali e commerciali, leggi di cui detti privilegiati posseggono l’esclusiva…

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