21.4.12

Emozioni sul treno (di Guido Grandi)

Nella rubrica L’editoriale dei lettori di un vecchio numero de “La Stampa” trovo l’intervento che segue, bello e commovente. L’autore, di 53 anni, si presenta come funzionario e risiede a Nebbiuno. (S.L.L.)

Sono un pendolare. All’alba prendo il treno e tutti i giorni e vado a Milano a lavorare. Uno qualunque dei tanti e fra i tanti. Quella sera sedevo sulla prima carrozza vicino alla porta di uscita. Sui seggiolini «a scomparsa», quelli di fortuna. Troppo caldo e troppa aria dai finestrini per stare seduto nello scompartimento. Manca poco per arrivare. Solo un paio di stazioni.
Si avvicinano due ragazzi con due grossi zaini. Lei è raggiante e sorridente. E’ molto giovane e carina, al massimo vent’anni. Lui scherza con lei. Hanno la faccia pulita dei bravi ragazzi. Sorridono in continuazione. Sono il ritratto della felicità. Non capisco se vanno o vengono dalle vacanze, probabilmente tornano a casa. Si avvicinano e si domandano se dovranno scendere a destra o sinistra. Io gli urlo «di qua» indicando la sinistra del senso di marcia.
Gli zaini pesano e fanno fatica a scendere, il capo treno li segue con lo sguardo. Anch’io li osservo con attenzione per paura che cadano con tutto quel peso sulle spalle. Lei scende per prima, appoggia lo zaino e, respirando profondamente, urla «che meraviglia questo vento». In effetti sul treno faceva molto caldo. Lui raccoglie lo zaino che aveva appoggiato per terra. Lei gli sta vicino amorevolmente e prendono la giusta direzione verso la stazione. Solo allora il capo stazione fischia e il treno riparte lentamente, quasi non volesse privarsi di loro. Piano piano mi allontano e li seguo con lo sguardo. Che bei giovani, penso. Mi sono innamorato in tre minuti del loro sorriso e del loro entusiasmo. Rimangono solo musi lunghi di pendolari stanchi e scontenti.
Piccolo particolare: i due ragazzi avevano due lunghi bastoni bianchi. Sì avete capito bene. Erano ciechi, completamente. Sono visibilmente commosso e anche il capo treno lo è. Ringrazio Dio per l’emozione che ho provato.

“La Stampa” 11/8/2011 

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