11.4.12

A Bastia Umbra, quando la mafia uccise Pio La Torre (S.L.L.)

I funerali di Pio La Torre e Rosario di Salvo
Quando la mafia uccise Pio La Torre e Rosario Di Salvo, quasi trent'anni fa, il 30 aprile del 1982, ero consigliere comunale e capogruppo del Pci a Bastia Umbra e proprio quella sera c'era riunione del Consiglio Comunale. 
Mi toccò fare una commemorazione quasi ufficiale e non credo che mi venne bene, tanto era il turbamento morale e fisico che la notizia m'aveva arrecato. Dopo parlarono il capogruppo Dc, che pronunziò parole di circostanza e quello del Psi, Alberto La Volpe, che fece un discorso breve, forte e bello. Toccò infine al consigliere missino, tal Giorgio Ponti, che spesso rivendicava senza infingimenti il suo fascismo e non era uno stupido.
Allora alle sedute consiliari partecipava un vasto pubblico, 100 o 200 persone, in parte appassionate di politica, in parte interessate alle delibere in discussione. Ponti fece una furbata o una maialata, per dirla in bastiolo; dopo le condoglianze e la condanna di rito, disse che poco capiva della Sicilia, terra remota e arretrata, di violenza, di mafia e di lupara: "Perché perdere il nostro tempo a parlare di una terra dove in tanti non sanno cosa sia il sapone?". 
Questo modo di sragionare non era peculiarmente suo, ma caratteristico di una parte della gente del posto, conforme ai pregiudizi sulla gente del Sud diffusi tra porcari, porchettari e mercatanti della Bastia, che sovente concentravano in sé il massimo dell'ignoranza e il massimo della volgarità.
Insomma, a modo suo, quel fascistone tentava di guadagnarsi la simpatia di quella parte del pubblico che riteneva barbari i siciliani, a cui di La Torre e della mafia non importava un fico secco, e che sembrava infastidita dal fatto che si stesse a parlare di quelle orribili vicende, sentite come lontane e prive di interesse, piuttosto che delle attese varianti al Piano regolatore.
Lascio immaginare come mi sentivo offeso, da uomo civile, da siciliano, da comunista, nell'ascoltare quelle schifose parole; ma riuscii miracolosamente a mantenere la calma e, quando Ponti finì, chiesi e ottenni la parola 'per fatto personale'.
Dissi più o meno: "Dato il suo livello culturale, non mi meraviglio del fatto che il consigliere Ponti parli con tanta ignoranza di una terra come la Sicilia di grande e antica civiltà. Ma non mi meraviglia neanche il riferimento al sapone. Mi rammenta i campi di sterminio. I fascisti hanno l'ossessione del sapone. Sono sporchi dentro".
Il tipo, ch'era massiccio e impulsivo, esterrefatto reagì avventandosi contro di me. Ma eravamo lontani e lo trattennero. I compagni consiglieri fecero quadrato intorno a me e, tra il pubblico, non pochi antifascisti cercarono di saltare gli sbarramenti per menare l'uomo nero. Furono bloccati dai vigili e dai due carabinieri lì presenti per garantire l'ordine pubblico. 
I tafferugli durarono alcuni minuti, l'interruzione dei lavori una mezz'ora buona.   

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