17.8.18

Il bianco inizio. Dal romanzo autobiografico “Il primo dio” (Emanuel Carnevali)

Emanuel Carnevali nasce a Firenze il 4 dicembre 1897 e morì a Bazzano (BO) l’11 gennaio 1942.
Ebbe il destino di un poète maudit: dopo una difficile infanzia trascorsa in parte in collegio, e in parte nella nuova famiglia che il padre si era fatto a Bologna, risposandosi dopo la morte della madre di Emanuel, partì appena sedicenne per gli Stati Uniti, che dovevano diventare, il luogo simbolico della sua vita e della sua letteratura. Passò attraverso numerosi e umili mestieri, finché lo si ritrova nella cerchia degli scrittori americani di punta in quegli anni. Ezra Pound, William Carlos Williams, Sherwood Anderson, Robert McAlmon lo accolsero come uno dei loro, con ammirazione e insieme sconcerto dinanzi a questo difficile e imprendibile personaggio, e inclusero subito testi suoi nelle loro celebri antologie e riviste. Carnevali scriveva in inglese, la sua unica lingua era quella dell’esilio imparata a orecchio, e portava così nella poesia americana un soffio selvatico, di cui fu avvertita la novità. Nel 1922 fu colpito da encefalite e dovette tornare in Italia. Trascorse in un ospedale vicino a Bologna gli ultimi anni della sua vita, e lì ancora lo raggiungevano le lettere dei suoi amici americani. Morì nel 1942 a Bazzano, in provincia di Bologna.
“Il primo dio” è una sorta di romanzo autobiografico, scritto in inglese, tradotto dalla sorella Maria Pia Carnevali e pubblicato da Adelphi nel 1978 di cui riprendo qui il primo capitolo. (S.L.L.)
Emanuel Carnevali
Ricordo una stanza bianca, con bianca luce di sole che filtra da alte finestre: in essa mia madre e una vecchia signora, una vecchia signora tutta bianca, stanno chine su di me. Potevo avere dai due ai tre anni. Tutto ciò a Firenze, che avevo lasciata quando avevo meno di un anno, lasciata per la campagna, in seguito a una tremenda broncopolmonite che mi portò quasi alla tomba. Questo povero essere, dalla testa grossa e dalle spalle strette, costò a sua madre molti guai e molti dolori. Per tenermi al mondo mi davano latte d'asina, mi pare, e il latte d'asina è assolutamente imbevibile. Non sono, però, molto pratico in materia. Penso che tutti i guai che ho causato si sarebbero potuti evitare, se fossi morto. E che liberazione sarebbe anche stata!
C'era un fossato, in cui le rane cantavano, la notte, le loro rauche canzoni e c'era una strada bianca dove, un giorno, caddi e sanguinai dal naso tanto abbondantemente, che mi spaventai a morte. C'era la casa di un contadino, con dei buchi al posto delle porte, dove viveva la mia vecchia bambinaia. Poi c'era una villa grande e piacevole, che mia madre e mia zia avevano preso in affitto. Il mio cuginetto se ne andava per le vigne, a prendere cicale e a mangiarle: ali, membrane e tutto. In questa grande villa, che era in campagna, mia madre emia zia tenevano molti polli e galli e pulcini: il contadino che abitava vicino a noi mise il veleno dove andavano a bere, e restammo senza neanche un pollo. Una sera la domestica andò al pozzo a prendere l'acqua e, poiché improvvisamente da dentro la casa la richiamarono, mi diede da tenere la corda fino al suo ritorno. Capitò che il secchio fosse più pesante di me stesso e io ero così ligio alla consegna, che non mi sognai nemmeno di lasciare andare la fune. Ero già con i piedi sollevati da terra, quando tornò la domestica e mi salvò da una morte prematura.
Ero la bestiolina più docile del mondo, e senza mai protestare lasciavo che mio cugino mi picchiasse per ogni benché minimo motivo.
Una volta mia madre perse una spilla e le venne il sospetto che l'avessi presa io (non rubata, s'intende). Me la chiese. Improvvisamente mi alzai e con una vanga, o con un altro arnese del genere, cominciai a scavare in un angolo del giardino; dopo breve fatica trovai la spilla e la riportai a mia madre. Lettore, se non erro, anche questo episodio era ‘Bianco'.
Ma più vivide di tutte mi sono rimaste in mente le avventure sessuali. Dormivo con Maria, una ragazzona di quindici anni, e talvolta lei prendeva la mia manina e... Un'altra volta, correndo dietro a una bambina e avendola presa, caddi su di lei e provai un momento di intenso piacere.
Vedo queste cose come se mi fossero ancora davanti agli occhi. Ma l'avventura con Maria non finì lì. Avevo quattro anni e già provavo piacere a quel giochetto, tanto che divenni magro e mia madre, che doveva aver subodorato qualcosa, finì col separarci.
Un'altra villa era triste e plumbea, a parte il glicine che cadeva dal muro del giardino. Contribuivano a renderla più pittoresca anche alcuni olivi che crescevano lì presso. Era tenebrosa, quella villa, come se fosse stata abitata da fantasmi, fantasmi di gente che aveva vissuto una vita tenebrosa. Frattanto il denaro delle due sorelle era giunto quasi alla fine, così andammo a vivere a Pistoia, una città piccola e senza vita. Poi un bel giorno lasciammo la Toscana per il Piemonte, precisamente per Biella, detta la Manchester italiana, terribilmente industriosa e variamente industriale. Durante il viaggio vidi il mare. Vidi il mare per la prima volta, per la prima volta sentii il sapore della salsedine. Vidi il mare che è tanta parte dell'Italia. Passammo sotto un numero infinito di gallerie, negli intervalli tra l'una e l'altra, c'era il mare, il mare pulsante, il mare di Ulisse e di Herman Melville, un mare scherzoso di tante piccole onde, e gli spruzzi che ci sputava in faccia, tutto nello spettacolo del mare, nel grande spettacolo del mare, volubile mare che cambia vestito tante volte. Il mare di quel borghese di Conrad, e il mio proprio mare, fabbricato dalla mia immaginazione e dalla sua presenza. E, per ingenuo contrasto, alcuni pescatori sulla spiaggia, che stendevano o riparavano le reti, miseri tormentatori di un tale immenso padre. Ma era con una grande condiscendenza che il mare sorvegliava questi miseri tormentatori, salvo a diventare tutto a un tratto serio e terrificante.
Ci fermammo a dormire a Vercelli e il giorno dopo prendemmo il treno per Biella.


Il primo dio – Poesie scelte – Racconti e scritti critici, Adelphi, 1978

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