Il
celebre trittico di Hjeronimus Bosch, che si trova al museo del
Prado, porta un titolo, Il Giardino delle Delizie,
relativamente recente. Questo enigmatico dipinto apparteneva alla
collezione dei re di Spagna, con un altro titolo, Quadro della
varietà del mondo, che potrebbe servire da sottotitolo al libro di
Stephen Jay Gould (Wonderful Life. The Burgess Shale and the
Nature of History, New York, Norton, 1989). L’interesse e la
forza di questo testo risiedono nella meraviglia suscitata dalla
profusione delle forme viventi. Nelle Montagne Rocciose canadesi
esiste, non lontano da Banff e dal lago Luisa, un filone geologico
(Burgess Shale) di enorme ricchezza, in cui abbondano fossili che
risalgono a 530 milioni di anni fa. Walcott, il paleontologo che l’ha
scoperto nel 1909, ne diede una descrizione deformante,
classificandone gli animali marini (assai bizzarri) in categorie
classiche, definendoli quindi come antenati delle specie da noi
conosciute. Un recente riesame da parte di tre ricercatori britannici
(Dereck Briggs, Conway Morris e il loro professore, Harry
Whittington, docente a Cambridge) dimostra invece — come nel quadro
di Bosch — una proliferazione di specie animali assolutamente
singolari, che non hanno corrispettivo nella classificazione
classica. Occorre creare allora delle nuove categorie, perché esse
occupano, nella sistematica ereditata da Linneo, una serie di caselle
la cui esistenza era del tutto insospettata.
Gould
racconta questa grande scoperta con attenzione entusiastica. Il suo
libro descrive molto chiaramente gli organismi ritrovati in questi
scavi e grazie a un’illustrazione curata, onnipresente, il lettore
riesce a vedere o a immaginare questi esseri curiosi, spesso
piccolissimi. Come ci sentiamo amputati dalla scomparsa di alcune
specie naturali, tanto rapida che i biologi non hanno neppure il
tempo di studiarle (il massacro della foresta amazzonica ne
rappresenta una delle cause principali), ci sgomenta constatare che
l’evoluzione darwiniana ha estratto a sorte, nel vasto campionario
di una zoologia favolosa, un numero ristretto di gruppi, mentre gli
altri sono completamente scomparsi dal nostro pianeta.
Ogni
disciplina ha le proprie rimozioni e attribuisce un nome dotto alla
propria ignoranza: così troviamo le malattie psicosomatiche in
medicina; la nube d’Oort, o il paradosso di Olbers in
astronomia;l’auto-assemblaggio in biofisica; la reattività in
chimica; ecc. Nelle scienze storiche questa carenza di informazione
viene chiamata “contingenza”. Ed è la contingenza, cioè un
insieme di fattori che ci sfuggono, la responsabile della scomparsa
degli organismi fossilizzati nello scisto di Burgess: Opabinia,
Hallucigenia dal bel nome, Anomalocaris, Marreda, e tanti altri. Si
possono ipotizzare svariate ragioni per la loro scomparsa: ad
esempio, l’inferiorità di una bocca dalla dentatura circolare
rispetto a due mascelle articolate. Ma dare spessore sperimentale a
queste ipotesi, per quanto siano affascinanti, è impossibile.
Se
ogni scienza ha il proprio punto cieco, per un gruppo, ad esempio per
una nazione, costituisce una debolezza assolutamente umana la
tendenza a descrivere il proprio passato come quello di un gruppo
destinato ad emergere e poi a dominare i gruppi rivali. Questo tipo
di teleologia serve a spiegare l’errore di Walcott, che Gould si
sforza di far risalire alla psicobiografia di questo scienziato
influente e potente: per correggerlo, abbiamo dovuto aspettare il
decennio 1970-80.
da
“Liber – Rivista europea di libri” - Anno 2 n.3 Ottobre 1990 -
trad. dal francese di Daniela Formento)
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