12.8.18

L’Europa scelga tra razzismo e democrazia (Ahmad Tibi, Vice presidente della Knesset, membro della Lista araba unita)

da "Giovane Critica", n.18-19 . Inverno 1968-69

I palestinesi cittadini di Israele sono sempre stati trattati come migranti sebbene vivano su queste terre da secoli, prima della creazione di Israele. Mentre veniamo sottoposti a una discriminazione istituzionale, Israele ha sempre tentato di salvare le apparenze ripetendo come un mantra di essere «la sola democrazia del Medio Oriente».
Da quello che ci dicono, però, sono la democrazia per gli ebrei: una teocrazia che ha spinto per la creazione di un unico Stato con due sistemi separati. Uno per la popolazione privilegiata, gli ebrei, e una per le persone di seconda classe, arabi palestinesi cristiani e musulmani. Approvando la legge dello Stato-nazione ebraico Israele è ufficialmente divenuto un regime di apartheid, basato sulla supremazia ebraica.
Il punto adesso è cosa accadrà. Anche in assenza di questa legge, che riconosce pieni diritti politici e nazionali solo alla popolazione ebraica, esistono già oltre 50 leggi in Israele che discriminano i cittadini non ebrei. Ma il significato di questa legge va oltre l’immediata discriminazione che i palestinesi cittadini di Israele subiscono nell’accesso ai servizi: punta a consolidare il programma politico israeliano di sotterrare la soluzione a due Stati basata sui confini del 1967, rendendo impossibile la convivenza di due Stati indipendenti, uno accanto all’altro, in pace e sicurezza che la comunità internazionale, e l’Europa in particolare, ha promosso.
Il governo israeliano si è sentito tranquillo nel promuovere la legge perché ha dietro di sé l’amministrazione Trump. I «tre moschettieri sionisti», ovvero il team per il Medio Oriente del presidente Trump, Greenblatt, Kushner e Friedman, condividono la stessa ideologia radicale sionista dell’attuale governo israeliano, non guardano ai palestinesi come degli uguali e non sono nemmeno capaci di pronunciare termini come «diritti palestinesi» o «Stato palestinese».
Accanto alla posizione Usa, l’Unione europea ha rassicurato Israele in varie occasioni che non avrebbe imposto sanzioni per le sue sistematiche violazioni del diritto internazionale e delle risoluzioni Onu, rafforzando la cultura dell’impunità di Israele. L’ambasciatore della Ue a Tel Aviv insiste spesso nel ripetere che l’Unione europea e Israele «condividono i valori della democrazia, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani».
Ma adesso la Ue ha la responsabilità di agire, sulla base dei suoi stessi principi. L’Accordo di associazione Ue-Israele prevede all’articolo 2 che «le relazioni tra le parti, così come le disposizioni dell’Accordo stesso, devono essere basate sul rispetto per i diritti umani e i principi democratici, che guidano la politica interna e internazionale e costituiscono un elemento essenziale dell’Accordo».
La legge sulla nazionalità ebraica pone tutti i palestinesi che vivono nella terra storica di Palestina, siano cristiani, drusi o musulmani, dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo, dalla Galilea al deserto del Negev, sotto il controllo di uno Stato che per legge nega loro il diritto all’autodeterminazione. I palestinesi rappresentano oltre il 50% della popolazione totale sotto il controllo israeliano, sia in Israele che nei territori occupati.
La Ue intende accettare questa realtà di apartheid come parte di quei cosiddetti «valori comuni» con Israele? Può un qualsiasi rappresentante europeo riferirsi a tale situazione come a quei «principi democratici» a cui l’Accordo di associazione è condizionato?
I sostenitori di Israele, noti come «hasbaristi», insisteranno sul fatto che alcuni cittadini palestinesi sono membri della Knesset (parlamento) israeliano, dunque Israele resta una democrazia. Ma la legge sulla nazionalità non menziona mai questa parola. Ciò che conta è che quella democrazia va al di là della nostra presenza in parlamento e che Israele non può dunque più definirsi tale. Una proposta di legge che ogni anno propongo sull’eguale allocazione di terre a tutti i cittadini è sempre respinta dal governo israeliano. Ogni disegno di legge sul valore dell’eguaglianza è automaticamente respinto.
L’etnocrazia israeliana, questo «ufficializzato» regime di apartheid, non cambierà finché non pagherà il prezzo del suo razzismo, della sua arroganza e della sua sistematica violazione del diritto internazionale. Le nazioni europee hanno di fronte una scelta: o continuare a incoraggiare il razzismo israeliano e i suoi crimini ignorando la realtà, o agire per salvare la prospettiva di una pace giusta e duratura che salvaguardi i diritti di tutti, israeliani e palestinesi, cristiani, drusi, musulmani ed ebrei.
Come primo partner commerciale israeliano, l’Europa ha abbastanza strumenti per fermare questa follia estremista sionista incoraggiata da Trump. Noi rispettiamo la vostra storia e i vostri valori. Aspettiamo con ansia di vederli e sentirli.

il manifesto 10 agosto 2018

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