Una lettera che
ottimamente illustra l'interesse di Capitini per il cristianesimo. E
tuttavia la sua “religione aperta” (“Cristo concretamente
moltiplicato per tutti gli esseri nati”) non è solo una soluzione
originale del problema filosofico della divinità, ma anche una
destrutturazione della religione formalizzata e gerarchizzata, e
dunque delle forme storiche in cui il cristianesimo si è
cristallizzato: la Chiesa cattolica e molte chiese protestanti che
vedono la salvezza nel “rapporto a due”. (S.L.L.)
Perugia, 4 novembre 1962
Caro Walter,
Dico seguitando che, per
me, non si tratta di teismo o ateismo.
Pensa a quello che
accadde ai cristiani quando si trovarono davanti non un’idea
filosofica, un'essenza, ma una persona vissuta nel mondo, che
pensarono crocifissa e risorta. Per qualcuno erano degli “atei”.
Ma, naturalmente, si accorsero che potevano innestare tanto di
teologico su quell’essere vissuto concretamente, a cui stavano
aperti con la fede.
La stessa cosa faccio per
la compresenza di tutti gli esseri nati, e quindi passati per la
concretezza del mondo. Non si tratta di discutere su Dio o non Dio
fuori di questa concretezza a cui ci si può aprire. Se la
discussione si fa fuori di questa apertura, temo che ci si trovi in
una posizione nietzscheana-tartagliesca. Invece su quell’apertura
alla compresenza (Cristo concretamente moltiplicato per tutti gli
esseri nati) si possono impostare categorie religiose, e si può
trovare molto di Dio nella parte della compresenza, escludendo però
il vecchio tipo del rapporto a due con Dio, che produce l’idea
della salvezza di alcuni, e della proprietà privata come cose
assolute.
Agli amici. Lettere 1947 - 1968, Edizioni dell'asino, 2011
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