Jean Monnet il 30 aprile 1953 tira fuori dal forno
il primo lingotto d'acciaio europeo a Esch-sur-Alzette.
C’è un aspetto penoso nei dibattiti sul nucleare che si vedono in Tv in questi giorni. Ed è la morte dell’Europa.
Politicanti e pseudospecialisti governativi hanno la tracotanza, in un paese a diffuso rischio sismico come il nostro, e dopo gli eventi giapponesi, di prospettare un faraonico piano di costruzione di centrali dalle Alpi a Capo Passero. Dicono:“Senza il nucleare non ce la faremo mai a raggiungere l’autosufficienza energetica”. Non parlano di “autarchia”, perché la parola è screditata fin dai tempi del fascismo, ma poco ci manca.
Ma la vera delusione sono i loro oppositori, che in genere non sono i promotori del referendum, ma esponenti democratici e dipietristi.
Mai nessuno di loro che s'azzardi a dire che codesta “autosufficienza” è una stupidaggine, più che impossibile indesiderabile. Che è del tutto normale che un paese europeo importi energia, un altro granaglie e un altro ancora macchine utensili. Che se francesi, inglesi, tedeschi, italiani continuano a pensarsi autarchici e a volersi autosufficienti nello scenario globale sono tutti fottuti. Che semmai il problema degli europei è di pensarsi “integrati” e di lavorare per esserlo fino in fondo. E infine che non ci sarebbe niente di strano se, in un’Europa unita che volesse mantenere un po’ di nucleare, un governo comune decidesse di tenerlo non nell’Italia dei terremoti ma in paesi con rischi minori, sotto il controllo di tutti.
So bene che l’esperienza comunitaria è stata finora deludente, che le scelte di Bruxelles specie negli ultimi anni sono state sbagliate fino al limite del criminale, soprattutto contro i lavoratori. E tuttavia questo rinascente nazionalismo, questo ritorno a sovranità obsolete, ad autarchie ed autosufficienze, che stimola le paure dei popoli europei, è contrario ai loro interessi. Il loro futuro, se non sarà comune, sarà pessimo e la frammentazione è nell’interesse esclusivo delle caste dei politicanti e del capitalismo parassitario annidato negli Stati-Nazione.
Ci fu un tempo in cui questo continente ebbe statisti lungimiranti come Monnet, De Gasperi, Adenauer, quelli che tra il 1951 e il 1952 diedero vita alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Oggi alla testa dei governi europei è gentaccia come Sarkozy o Berlusconi. La stessa Merkel, che sicuramente è di qualità superiore, sembra aver dimenticato la lezione europeista di Kohl, l’idea che solo l’Europa può salvare la Germania da sé stessa.
Credo che tocchi alla sinistra, quella del movimento operaio e del socialismo, risollevare le bandiere dell’Europa buttate nel fango. Per un po’ le toccherà navigare contro corrente, ma potrebbe avere subito dalla sua parte il meglio della gioventù studiosa.
Vi dice niente Erasmus?
|
Nessun commento:
Posta un commento