26.6.11

Troppo ribelle per gli stalinisti. Un film su Guido Picelli (Gian Antonio Orighi)

L’articolo che segue (da “La Stampa” del 2-06-2011) prende le mosse dalla uscita, in Spagna, di un documentario dedicato a Guido Picelli, grande figura di rivoluzionario, considerato una sorta di Che Guevara italiano. L’autore è Gian Antonio Orighi, il quale – non so da chi disinformato – si produce in uno sfondone mastodontico, parlando di una sua elezione, nel 1921, quale senatore socialista. Nel 21 in realtà il Senato non era elettivo, ma di nomina regia. Peraltro né il re né il governo (che proponeva i nomi dei senatori del Regno, tutti a vita), avrebbero mai scelto un socialista. Picelli in verità non fu senatore, ma deputato. Quanto agli altri suoi contenuti l’articolo appare correttamente informato e certamente utile per un primo approccio a questo nostro compagno senza dogmatismi, cioè liberamente comunista. L’ipotesi dell’assassinio ad opera di sicari stalinisti, nella Spagna repubblicana, è assolutamente credibile ed ha molti indizi a suo favore. (S.L.L.)
Torna alla ribalta Guido Picelli, un mito (quasi) dimenticato nella storia dell'antifascismo. Stasera, sugli schermi del cinema Doré di Madrid, esce in anteprima mondiale Il ribelle, un documentario del regista parmigiano Giancarlo Bocchi che ricostruisce la sua vita da rivoluzionario. Dalle barricate di Parma del '22, l'unica resistenza vittoriosa di una città italiana contro gli sgherri di Mussolini, alla morte durante la guerra civile spagnola combattendo nelle Brigate internazionali contro il golpista Franco. Questi i soli episodi a cui è stata fin qui legata la memoria di Picelli. Ma dalla pellicola, 72 minuti inzuppati di spezzoni e documenti inediti, emerge anche l'inedita persecuzione che visse, nella Russia di Stalin, l'inventore della guerriglia urbana. E il sospetto che sia stato assassinato dai suoi ex compagni sovietici.
Guido Picelli (1889-1937) nacque nell'Oltretorrente di Parma, allora un quartiere operaio che sarebbe stato l'indomita fucina di sindacalisti, anarchici, socialisti e comunisti. Figlio di un cocchiere, il «Che Guevara» ante litteram fece capire subito che era un ribelle: da ragazzino abbandono il mestiere di apprendista orologiaio per unirsi a una compagnia di attori che a Torino, allora capitale del cinema italiano, lo avrebbe portato a girare scene con la celeberrima star Ermete Zacconi. Proprio facendo la comparsa, Picelli si politicizza e si schiera con i deboli e gli oppressi, la gente del suo quartiere natale. Volontario della Croce Rossa nella prima guerra mondiale, acclama la rivoluzione russa del '17. Quindi abbandona le posizioni pacifiste e passa dalle armi della critica alla critica delle armi. Si arruola nell'esercito con l'unico scopo di imparare il «mestiere» e, una volta smobilitato, fonda nell'Oltretorrente la sua prima formazione armata clandestina, le Guardie Rosse. Il suo genio guerrigliero lo sperimenta subito con il fascismo alle porte. Crea gli Arditi del popolo, nel '21, l'anno in cui viene eletto senatore socialista. E nel '22 riesce a respingere l'assedio di Parma da parte di 10 mila squadristi agli ordini di Italo Balbo, trasformando l'Oltretorrente in una linea inespugnabile di barricate difesa da quattrocento tra comunisti e cattolici, socialisti e anarchici. Picelli però è anche un politico fine, con un progetto che precede di ben 14 anni il Fronte popolare del Comintern del '36: il «Fronte unico antifascista», a cui dovevano partecipare tutti i partiti. Ma l'idea non passa. Ormai deputato del Pci, famoso in tutto il mondo, il Ribelle riceve da Gramsci l'ordine di fondare una struttura clandestina per insorgere contro Mussolini. Ma viene arrestato, condannato a 5 anni di confino. Poi gira per Francia e Belgio, prima di rifugiarsi nel '32 in Russia. La sua disillusione è enorme. Viene relegato in una fabbrica di Mosca come operaio. Insegna la guerriglia a comunisti del calibro di Dolores Ibarruri, la Pasionaria, ma, nel pieno delle purghe, viene messo sotto processo. Inutilmente implora da Togliatti il permesso di andare a combattere in Spagna, dove è scoppiata la guerra civile. Sempre la stessa risposta: no, in fabbrica. L'eroe di Parma, che sente puzza di gulag, non demorde, riesce a scappare a Parigi, dove prende contatto con il Poum, i comunisti antistalinisti di André' Nin. E dalla Francia passa in Spagna. Per il suo prestigio, gli viene affidato il 9 battaglione delle Brigate internazionali. E, come sempre, vince combattendo in prima fila. Consegue l'unica vittoria italiana sul fronte di Madrid. Ma gli inviati di Stalin non lo perdono d'occhio, nonostante si copra di gloria. Nel '37, proprio quando sta per conquistare Mirabueno, paesino a 100 km da Madrid, una pallottola alla schiena, all'altezza del cuore, lo fredda in pieno assalto. Chi è stato? Il film di Bocchi lascia intendere che possa essere stato un agente di Mosca. Inspiegabilmente, il corpo del Ribelle viene abbandonato per un giorno intero. La ricostruzione della morte e' lacunosa: prima una mitragliata, poi un colpo di pistola. Gli antifascisti gli rendono onori di Stato in tre funerali a Madrid, Valencia e Barcellona (100 mila persone dietro il suo feretro). Nel '38 le Brigate internazionali propongono di concedergli la medaglia postuma dell'Ordine di Lenin, la massima onorificenza sovietica. Ma Antonio Roasio, uomo di fiducia di Togliatti per il Comintern, rivela i suoi contatti con il Poum, che da allora rimarranno segreti. Mosca gli nega la medaglia e lo condanna all'oblio. 

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