L’altro ieri sera ad “Anno zero” Chicco Testa tentava di spiegare le ragioni “verdi” della sua scelta nucleare e si sforzava di mostrare come i danni sanitari “ordinari” del nucleare, al netto cioè degli incidenti e delle problematiche legate alle scorie radioattive, siano meno pesanti di quelli dell’energia termoelettrica da combustibile fossile (carbone, petrolio o altro) e dunque socialmente accettabili, se non si vuole il regresso tecnologico.
E’ un’argomentazione che non può essere presa molto sul serio, perché gli incidenti accadono (e nei paesi a rischio sismico possono essere gravissimi) e le scorie da smaltire presentano costi e rischi. E’ assolutamente vero tuttavia che, anche senza il nucleare, per le generazioni a venire (ed anche per quelle già venute), le scelte energetiche e produttive prevalenti nel sistema-mondo, fondate su una crescita esponenziale dei consumi e sullo spreco di risorse fondamentali, sono insopportabilmente generatrici di malattia e di infelicità diffuse. Gli ammonimenti di Pasolini su uno sviluppo che non è progresso sono attuali oggi più di allora e le riflessioni di Latouche sulla “decrescita” andrebbero prese molto sul serio.
La questione dell’energia, come quella parallela dei rifiuti, l’una e l’altra assai sentite, potrebbero essere elevate a pietra di paragone, anche in altri campi, di un modo di pensare e agire alternativo. Sull’energia e sui rifiuti le proposte del partito degli “inquinatori”, e cioè il nucleare e l’incenerimento “sicuri”, non sono soluzioni, ma fattori di aggravamento della crisi; ma anche le soluzioni “riformistiche”, come ad esempio l’uso più ampio delle energie rinnovabili o la differenziazione dei rifiuti funzionale al riciclo, per quanto utili, sono solo palliativi. La bandiera di una possibile sinistra del nuovo millennio non può che essere una alternativa radicale al sistema di produzione che ha asservito al profitto l’intero ecosistema e mercificato progressivamente l’intero ciclo della vita (non solo umana): l’obiettivo generale di una sinistra credibile non può essere che un’organizzazione produttiva e sociale globalmente e localmente sobria, razionale e sana.
Non è possibile trasferire alla questione energetica l’opzione Rifiuti zero!, ma è del tutto immaginabile (ed è stata convincentemente immaginata) una società che riduca considerevolmente il bisogno (e lo sperpero) dell’energia necessaria per il suo funzionamento. Questa prospettiva dovrebbe orientare le scelte di fondo e quelle quotidiane di chi vuole un cambiamento autentico che offra, tendenzialmente a tutte le donne e a tutti gli uomini presenti e futuri, vita, salute, conoscenza e libertà intesa nel suo contenuto più ampio: dalla possibilità di muoversi a quella di autodeterminarsi, a quella infine di incidere sulle scelte delle comunità umane a tutti i livelli. I livelli raggiunti dalla scienza e dalla tecnologia sono tali da consentire questo salto di qualità nella vita umana senza regressioni al medioevo, ma bisognerebbe sottrarre ai padroni del vapore (cioè del petrolio, dell’uranio e delle tecniche obsolete ed inquinanti) la possibilità di orientare la ricerca.
Nell’opposizione al nucleare credo poi che debba giocare un ruolo la “questione democratica”: è una produzione energetica che, per la sua potenziale pericolosità e per la sua fungibilità bellica, ha caratteristiche assai particolari e richiede infatti alti livelli di centralizzazione, di segretezza, di militarizzazione del territorio, a scapito della trasparenza e della partecipazione. Il nucleare, insomma, è “di destra”, funzionale a un potere concentrato, che non sopporta limitazioni o controlli. Ha saggiamente scritto Ugo Mattei sul "manifesto" del 2 giugno: "La questione nucleare non c'entra con quella energetica! Essa, come la costruzione delle Piramidi nell'antico Egitto o le grandi dighe nelle società idrauliche, serve soltanto a costruire un modello di controllo sociale fondato sulla centralizzazione piena del potere e delle risorse, sull'ideologia securitaria ed autoritaria e sull'annientamento delle libertà civili fondamentali".
Credo pertanto che la sinistra culturale e politica sbaglierebbe, e di molto, se trascurasse il valore “pedagogico” della campagna referendaria in corso, se si ponesse come obiettivo soltanto il voto e il quorum, se non usasse l’occasione per rinnovare il suo pensiero e ampliare il proprio insediamento sociale.
Credo pertanto che la sinistra culturale e politica sbaglierebbe, e di molto, se trascurasse il valore “pedagogico” della campagna referendaria in corso, se si ponesse come obiettivo soltanto il voto e il quorum, se non usasse l’occasione per rinnovare il suo pensiero e ampliare il proprio insediamento sociale.
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