“Tratto” fu un mensile perugino uscito nei primi mesi del 1984. Anticipava il “Tango” di Staino mettendo insieme satira disegnata e satira scritta, umorismo e parodia.
Fu una esperienza valorosa, breve e intensa: pochi numeri soltanto. Vi collaborò, tra gli altri, Enrico Sciamanna con una rubrica poetico-culinaria, che si chiamò “Trattoria”. Aveva come centro un sonetto in vernacolo (più spesso romanesco, una volta partenopeo) a tema gastronomico: la coda alla vaccinara, l’uso alimentare del cane e del gatto, la frittata. Il sonetto, talora caudato talaltra no, era seguito da un commento tra il letterario e il sapienziale. Ai visitatori del blog propongo questa gustosa coda alla vaccinara, un po’ casereccia e alla buona, e nondimeno attenta alla lezione di cuochi e poeti di vaglia. (S.L.L.)
'A coda (a la vaccinara)
Se vvoi magna’ la coda proprio al bacio
la devi da fetta’ vicino al culo,
lassanno fora solamente er bucio
(sempre che sia dde bove e no’ dde mulo).
No’ la devi tajà, lassala sana,
la devi pelà ch’ancora è calla
(senza falla cascà che s’impantana)
e preparala lì, drent’a la stalla.
Derent’a ‘na gamella o ‘na pignatta
cce sfettucci le foje de li odori,
co’ aceto, ajo, sugna e pummadori;
poi la fai bolle pe’ na mezz’oretta
così er sangue je sgorga e viene a galla
e se mischia cor sugo de merolla.
E doppo calla calla in der guazzetto,
lo ‘ntigni e te lo sughi er pennacchietto.
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