2.5.12

Costantinopoli 1453. La presa di Santa Sofia.

Il vescovo ortodosso Isidoro di Kiev, scampato a morte durante la presa di Bisanzio da parte dei Turchi e fuggito nell’isola di Creta, racconta drammaticamente la conquista ottomana della basilica di Santa Sofia. Lo stesso evento è poi narrato da Tursan Bey, lo storico ufficiale di Memhet II, il Conquistatore di Costantinopoli. La fonte dei due brani, che mi sembrano per più ragioni interessanti, è il quotidiano “La Stampa”. (S.L.L.)

Vescovo bizantino
Fanciulle stuprate, statue fatte a pezzi  
di Isidoro di Kiev
Tutti i viali, le strade e i vicoli erano pieni di sangue e di umore sanguigno che colava dai cadaveri dei civili sgozzati e fatti a pezzi. Dalle case venivano trascinate fuori le donne, nobili e libere, l'ancella insieme alla padrona, a piedi nudi. Avresti dovuto vedere la più infima soldataglia turca scovare e spartirsi fanciulle giovanissime e nobilissime, laiche e religiose. Nella chiesa che si chiamava di Santa Sofia, e che ora è una moschea turca, buttarono giù e fecero a pezzi tutte le statue, le icone e le altre immagini di Cristo, dei santi e delle sante. Saliti come invasati sul ripiano dell'ambone, sulle are e sugli altari, si facevano beffe, esultando, della nostra fede e dei riti cristiani e cantavano inni e lodi a Maometto. Abbattute le porte dell'iconostasi, agguantavano tutte le suppellettili sacre e le sante reliquie e le gettavano via come cose spregevoli e abbiette. Preferisco passare sotto silenzio ciò che hanno fatto nei calici, nei vasi consacrati, sui drappi. I paramenti in-tessuti d'oro con le immagini di Cristo e dei santi li usavano come giacigli per i loro cani e per i loro cavalli.
[Dalla lettera di Isidoro di Kiev a Bessarione, spedita da Candia il 6 luglio 1453]

Un'opera di Tursun Bey
Il sultano-poeta tra le meraviglie
di Tursun Bey
Mentre il sultano passeggiando visitava le file di abitazioni, le strade e i mercati di quell'antica metropoli e vasta fortezza, espresse il desiderio di visitare la chiesa chiamata Aya Sofya, che è modello del paradiso:
O sufi, se cerchi il paradiso,
Aya Sofya del paradiso è sommo cielo.
[...] Dopo aver goduto dello spettacolo delle meravigliose e strabilianti opere d'arte presenti sulla superficie concava della cupola, il Sovrano dell'Universo salì sulla sua superficie convessa: la scalò come Gesù - l'Alito di Dio - ascese al Quarto Cielo. Dopo avere ammirato, dalle gallerie che sono fra i suoi piani, il pavimento simile a un mare ondoso, uscì all'esterno della cupola. Quando vide la degradazione e la rovina degli edifici annessi, pensò all'instabilità e alla volubilità del mondo. Considerò che la sua fine è la rovina, e malinconicamente, dalla sua favella che diffonde zucchero, scaturì questo distico:
Il ragno tira le tende alla finestra di Cosroe,
il gufo suona la musica di guardia nel palazzo di Efràsyàb.
[Da Tursun Bey, «La conquista di Costantinopoli», Mondadori, pp. 81 -82]

“La Stampa”, 16-4-2007

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