«Quello per Gino Paoli fu un vero colpo di fulmine. Era il 1960. Stavo nella sede milanese della Ricordi con Leo Chiosso e Mariano Rapetti, il padre di Mogol. Vedo passare questo tipo smilzo, lugubre, con gli occhiali da cieco. Stava insieme a Ricky Gianco. Sai, quando stai in mezzo a tanta gente e senti una presenza, la senti tra tanti, e non puoi fare a meno di sentirla? Si chiama magnetismo. Gino va in uno studio, lo sento che suona qualcosa al piano. Orrendo. Suonava malissimo. Ma suonava Il cielo in una stanza. ''Chi è quello?'', faccio. ''Uno che scrive canzoni tremende, mi sa che è anche un po' culattone'', mi risponde uno. Ho saputo poi da Gino che, nello stesso esatto istante, lui chiedeva di là: ''Chi è quella rossa?''. ''La cantante della mala. Dicono sia lesbica''. Per un po' ci siamo frequentati convinti l'uno dell'omosessualità dell'altro. Facevamo lunghe camminate, io con le caviglie gonfie, lui con il suo montgomery che gli aveva regalato la mamma triestina per proteggerlo dal freddo. Finché una sera, stremati, ci siamo seduti in un caffè, quello per l'appunto della canzone di Paoli In un caffè, e ci siamo svelati. ''Tu sei gay?'' ''No, e tu?''. ''Io nemmeno''. Fu il nostro coming out al contrario».
da Una bellissima ragazza (conversazione con Giancarlo Dotto), Mondadori, 2012
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