La benedizione delle Palme a San Giovanni Gemini (Ag) |
Vitti na beddha acchianata a na parma
cu li manuzzi parmuzzi cuglìa
e iu ddhassutta ca taliava
lu celu apertu e lu ‘mpiernu vidìa.
Vidi una bella arrampicata a una palma
con le manine palmette coglieva
e io là sotto che guardavo
vedevo il cielo aperto e l’inferno.
Commento
Questa strofetta, che "posto" oggi per la domenica delle Palme, il tempo in cui si raccoglievano le palme dal loro albero, perché i bimbi le conducessero all’augurale benedizione, la riprese – da più fonti - Peppe Smiraglia, mio collega di studi, quando nel 1966-67 preparava la tesi sui canti e sulle poesie popolari del mio paese natìo, Campobello di Licata.
A naso mi pare d’origine colta, per le elaborate figure di parola e di pensiero che contiene, ma non ne ho mai ricercato l’autore. Non credo che l’abbia fatto neanche Smiraglia, il quale tuttavia la recitava spesso e la usò come argomento nelle discussioni che fece con il suo relatore, Nino Buttitta, per la stesura della tesi. Nei canti popolari l’antropologo cercava “lascivia” e Peppe diceva che in quelli del nostro paese, di nascita recente, se ne trovava ben poca; caso mai – come appunto in questa strofetta – si trovava desiderio e repressione sessuale.
Nella trascrizione ho cercato di rispettare la parlata di Campobello, anche in quel ddhassutta che in paesi vicini si pronunzia ddha sutta, cioè separando i due elementi della locuzione avverbiale e con la sibilante semplice, non raddoppiata. (S.L.L.)
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